Cile, chiese a fuoco e saccheggi. La rivolta dei rossi anti sistema

Il gruppo Antifa celebra un anno di rivolte. Postando sul web il crollo del campanile dell'Asunción a Santiago

Cile, chiese a fuoco e saccheggi. La rivolta dei rossi anti sistema

«Uh uh uh, ah ah ah!». Con questo coro tribale, domenica scorsa un gruppo di giovani Antifa cileni hanno filmato e diffuso su Youtube la loro gioia primitiva per il crollo del campanile della chiesa dell'Asunción, a Santiago. Poco prima l'avevano incendiata senza troppi problemi. Loro obiettivo era «celebrare come si deve» il primo anniversario delle manifestazioni che, dal 18 ottobre 2019 in poi, hanno cambiato per sempre il volto del Cile, trasformandolo da paese con tutti i migliori indicatori dell'America latina in termini di economia, istruzione e Pil pro capite in una bomba ad orologeria e che, stando agli slogan Antifa, vuole abolire pensioni, sanità e scuole private. Oltre a distruggere chiese.

Di certo c'è che il prossimo 25 ottobre il Cile andrà al voto in un referendum per cambiare la Costituzione, che in materia di diritti economici è rimasta quasi uguale a quella di Pinochet, e l'esito è scontato: tutti i principali partiti e dunque i sondaggi danno vincente il sì e, dunque, più beni comuni, più comunità, più tasse per chi lavora e sussidi di Stato a pioggia per tutti. Prima dell'ottobre 2019 nessuno avrebbe mai anche solo sognato una riforma costituzionale sotto così tanta pressione, neanche Michelle Bachelet che per due mandati aveva governato il Cile negli ultimi 15 anni, l'ultima volta con i comunisti, ma tant'è, l'esplosione di rabbia popolare con annessa violenza vandalica iniziata per un ridicolo aumento del 5% nel prezzo della metropolitana è riuscita nel miracolo.

Verrà finalmente sotterrato Pinochet anche sul fronte economico per, poi, tornare al modello che fu già di Allende? Nessuno lo sa, ma di sicuro c'è che ieri, di fronte alla chiesa dell'Asunción, sembrava di stare nel Pianeta delle Scimmie. Così com'è altrettanto sicuro che il Covid19, che tante vittime ha fatto anche in Cile è l'ottavo Paese al mondo per morti ogni milione di abitanti, quasi 14mila i decessi aveva fatto dimenticare il problema dell'insurrezione Antifa, appoggiata da tutti i partiti di centro sinistra e dai grandi media mainstream. Certo, lo scorso 15 luglio, quando la curva della pandemia aveva subito un repentino calo e il virus sembrava già domato, Santiago del Cile si era svegliata di nuovo in fiamme. Nella notte precedente almeno 6 commissariati di polizia erano stati incendiati. Ma era solo il preludio di quanto accaduto l'altroieri, che oltre a 107 attacchi a commissariati, supermercati e proprietà privata ha visto tra le vittime sacrificali anche le chiese. Oltre all'Asunción, del 1876 e già danneggiata nell'insurrezione di un anno fa, i giovanissimi ma tecnologicamente organizzati Antifa cileni hanno infatti anche distrutto la chiesa degli odiati Carabineros, in pieno centro. Un gruppo di 5, tutti incappucciati, è riuscito ad entrare nel tempio dedicato al Santo gesuita Francesco Borgia, appiccando il fuoco e facendo finire in cenere parte del tempio con relativi cimeli sacri.

Drammatico l'appello lanciato da Monsignor Celestino Aós, arcivescovo di Santiago, che su Youtube ha supplicato i vandali di fermarsi: «Chi semina violenza raccoglie distruzione». Per poi chiarire: «I poveri sono i più colpiti. Speravamo che le azioni di un anno fa non si sarebbero ripetute. Sentiamo la distruzione dei nostri templi e di altre proprietà pubbliche, ma soprattutto il dolore di tanti cileni di pace e generosità.

Queste immagini colpiscono e feriscono il Cile, ma anche altri popoli del mondo, soprattutto i nostri fratelli cristiani». Per oggi gli Antifa hanno in programma un'altra giornata di guerra, contro il sistema capitalista e contro le chiese.

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