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La Cina frena, stop all'export di metano

Bloccata la vendita a Europa e Asia. Economia in crisi, Pechino non diffonde i dati del Pil

La Cina frena, stop all'export di metano

Pechino non ha diffuso i dati relativi al terzo trimestre del suo Pil e della bilancia commerciale, ufficialmente per un generico «rinvio», ma con il rischio concreto che dietro tale diniego ci siano numeri negativi. Il tutto avviene nei giorni del ventesino congresso del partito comunista cinese che dovrebbe conferire uno storico terzo mandato al Presidente Xi Jinping, ma con all'orizzonte una cornice con molti dubbi di tenuta e con pochi dossier da salutare con soddisfazione.

Lontani i tempi dell'ascesa al potere di Xi quando, due lustri fa, la Cina accusava un trend di crescita impressionante con il 6,7% annuo dal 2012. Nel 2021 il suo PIL ha toccato quasi i 18 miliardi di dollari, contribuendo con il 18,4% all'economia globale. Oggi, dopo due anni di emergenza sanitaria, zavorrati dalle politiche cinesi «covid-zero», si assiste quantomeno ad uno stop della crescita. Anzi, ci sono alcuni indicatori che parlano apertamente di un rallentamento significativo. Come i numeri del valore di mercato di Alibaba e Tencent, cancellato per un miliardo di dollari (con decine di migliaia di dipendenti licenziati) o come il congelamento delle iniziative legate alla Via della Seta, la più grande operazione politica e commerciale della storia cinese legata a doppia mandata ai desiderata (e ai destini) di Xi.

La cosiddetta «BRI» sconta una serie di difficoltà connessi ai problemi di indebitamento per i paesi coinvolti. Un caso significativo riguardò il Pakistan dove i rimborsi dei prestiti alla Cina aumentarono rapidamente. Stesso cliché per Kenia, Malesia e Angola ma per restare al recinto europeo anche per il Montenegro: il piccolo stato balcanico è stato puntato da Pechino che gli aveva promesso infrastrutture, porti, ferrovie e autostrade in quantità, salvo poi scoprire che chi finanziava la Via della Seta nei Balcani poi pretendeva una vera e propria cessione di sovranità per saldare quel maxi debito.

Ma i rapidi progressi tecnologici della Cina l'avevano trasformata anche in una vera minaccia strategica per Ue e Usa, con riferimento alla tecnologia 5G e all'intelligenza artificiale. Solo osservando la fredda cronaca degli ultimi quattro mesi, è facile osservare due elementi. Il primo riguarda il mercato immobiliare con un crollo di un settore che rappresenta fino al 30% del Pil. Migliaia di acquirenti di case si sono rifiutati di pagare i mutui su progetti in stallo, costringendo le autorità a fare pressione sulle banche. In secondo luogo le autorità cinesi nel luglio scorso hanno violentemente disperso una protesta pacifica di centinaia di depositanti, che chiedevano indietro i risparmi di una vita dalle banche rurali. Uno scandalo bancario che ricorda le drammatiche scene vissute in Grecia nel 2013 con il capital control, spia di un deterioramento della salute finanziaria delle banche minori cinesi.

Nelle ultime ore spicca il divieto di Pechino agli importatori di gas a controllo statale di rivendere il Gnl acquistato sul mercato a soggetti esteri, Europa in testa. E non è questa un'altra casualità.

Per tornare quindi all'anomalo rinvio della diffusione dei dati emerge che, secondo le previsioni degli economisti occidentali la Cina avrebbe annunciato una cresciuta di poco più del 3%, ma il fatto che i super players mai ritardano il rilascio di una sola statistica economica per paura di danneggiare la fiducia finanziaria, aggiunge sostanza ad un giallo geopolitico che avrà ripercussioni chirurgiche in tutti i quadranti.

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