«Ho deciso di venire in Italia non appena ho saputo che venerdì il vostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha annunciato, con soli quattro giorni di anticipo, l'arrivo del suo omologo cinese Wang Yi. Un annuncio in tempi così stretti non è né normale, né comune. Ed è ancor più singolare che non abbia diffuso alcun dettaglio sui temi dell'incontro trasformandolo in una sorta di vertice segreto. Il vostro ministro degli Esteri dovrebbe approfittare di questi incontri per far il punto sulla situazione ad Hong Kong difendendo con decisione chi nella mia città e nel resto della Cina lotta per la democrazia e i diritti umani». In questa intervista a Il Giornale il dissidente cinese Nathan Law, ragazzo simbolo della protesta ad Hong Kong, non le manda certo a dire. Del resto un Di Maio qualsiasi non può certo far paura a un 27enne abituato a misurarsi con Pechino. Fondatore del partito Demosisto, eletto a soli 23 anni rappresentante nel Consiglio Legislativo di Hong Kong, Nathan Law ha abbandonato la sua città all'indomani dell'approvazione di quella legge sulla sicurezza con cui Pechino ha cancellato qualsiasi libertà di protesta. E da agosto è inseguito da un mandato di arresto. Il suo arrivo a Roma è anche un'occasione per ricordare a Luigi di Maio e all'esecutivo i rischi connessi alla firma del Memorandum sulla Via della Seta.
«La cosiddetta Via della Seta - spiega Nathan Law - è un progetto sui cui Pechino punta per alterare l'ordine mondiale ed espandere le proprie politiche autoritarie. Molti a livello internazionale hanno espresso disappunto per la disinvoltura con cui l'Italia ha firmato quel memorandum. Oggi molti paesi si stanno ritirando dalla Via della Seta dopo essersi ritrovati coinvolti in progetti fallimentari. L'Italia deve smetterla d'incoraggiare le iniziative cinesi e incominciare a fare pressioni su Pechino».
Come giudica la risposta dell'Italia alla promulgazione di una legge liberticida come quella sulla sicurezza imposta ad Hong Kong?
«Il vostro Parlamento ha espresso grande preoccupazione. Il vostro governo dovrebbe adeguarsi a quell'indicazione sanzionando quanto avviene nella mia città e annunciando contromisure per il mancato rispetto dei diritti umani in Cina».
Dell'Europa che mi dice?
«L'Europa l'ha detto con molta chiarezza, la legge sulla sicurezza minaccia di distruggere Hong Kong. Per questo ha chiesto agli stati membri di assumere misure adeguate per contrastarla. L'Italia dovrebbe adeguarsi a quella richiesta interrompendo le esportazioni di materiale militare ad Hong Kong e offrendo ai miei concittadini vie sicure per lasciare il paese».
Quindi l'Italia non sta seguendo le politiche europee?
«Spero che il governo italiano si adegui a quanto suggerito da Bruxelles. Potrebbe incominciare a farlo già da oggi assumendo posizioni più decise».
Molte aziende nel mondo e in Italia preferiscono gli affari alla democrazia. Cosa rischiamo?
«Il rischio è evidente. Se per risparmiare fai affari con chi deve render conto allo stato cinese, come Huawei, sulle prime risparmierai, ma alla fine pagherai un prezzo molto più caro perchè scoprirai di aver messo a rischio la sicurezza dei tuoi concittadini e dello Stato. Alla fine lo scambio non sarà per nulla conveniente».
La lotta degli studenti di Hong Kong non sembra appassionare molto gli europei. Come se lo spiega?
«Ci penso spesso e continuo a non capirlo. Forse ai vostri occhi siamo troppo lontani o pensate che si debba reagire solo quando qualcuno tocca i tuoi interessi. Comunque questo disinteresse per me è un incentivo. Voglio farvi capire che se non sarete capaci di reagire alla Cina, il presente di Hong Kong diventerà il vostro futuro. Perchè Pechino alla lunga minaccerà anche la vostra libertà d'espressione e i vostri diritti basilari».
A luglio ha dovuto abbandonare la sua città e ora è
inseguito da un mandato di cattura. Si sente sconfitto?«No, assolutamente. Sono orgoglioso di poter raccontare al mondo quel che i miei concittadini non possono più dire. Questa è la mia nuova e difficile battaglia».
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