Mascherina verde sul volto, saluti a distanza con i cittadini in quarantena affacciati dai palazzi, Xi Jinping segna la fine dell'apocalisse facendo visita a Wuhan, la città epicentro del coronavirus. È la prima volta dall'esplosione dell'epidemia. Il presidente cinese parla a un paziente ricoverato all'ospedale di Huoshenshan, circondato da due medici in tuta protettiva, solamente attraverso lo schermo di un televisore che si trova a 5 metri da lui, attraverso un microfono che tiene ad almeno un metro di distanza. Misura precauzionale. Perché è qui, nella provincia dello Hubei, che sono morte tutte le 3.136 vittime registrate in Cina, fatta eccezione per 112, ed è qui che sono stati confermati più di 67mila degli 80.757 casi registrati in Cina. Eppure la vittoria è vicina, dice il leader cinese dopo che tutti i 16 ospedali da campo allestiti a Wuhan sono stati chiusi e il Paese ha registrato nelle ultime ore appena 17 vittime da Covid-19 e solo una ventina di nuovi contagi. La prevenzione e il controllo del Covid-19 non avrebbero potuto essere conquistati senza il sacrificio, la devozione, la perseveranza e gli sforzi profondi della popolazione di Wuhan, è l'elogio rivolto al luogo simbolo di un'ecatombe. Poi il tributo a medici e infermieri, oltre 3mila dei quali contagiati.
Xi vuole che il momento sia memorabile per rimediare ai disastri registrati fin qui. E in effetti l'evento è cruciale per tante ragioni. Per la prima volta da quando la Cina ha dato l'annuncio dell'epidemia, sette settimane fa, e mentre il resto del mondo, Italia per prima, scoprono le conseguenze della più grave crisi sanitaria della storia recente, i numeri dimostrano che la linea dura del governo cinese e le misure restrittive imposte alla provincia e all'intera nazione hanno dato i loro frutti. Perciò Xi viene a incassare adesso la gloria per una battaglia che sembra ormai vinta. Una svolta giustificata da un ritrovato ottimismo che fa ora della Cina un modello da guardare. Tutto il contrario di qualche settimana fa. Allora, quando il Paese era in piena emergenza, il più potente leader dai tempi di Mao da queste parti non ha nemmeno lontanamente immaginato di farsi vedere. Ha visitato al massimo qualche centro con pazienti affetti da coronavirus a Pechino, la capitale che ha contato pochissimi casi. Troppo alto il rischio di contagio e anche quello di contestazioni per la censura che il regime ha imposto sui medici nei primi giorni in cui la diffusione del virus poteva essere contenuta.
Uno studio dell'Università di Toronto ha dimostrato che prima dell'annuncio dell'esplosione del nuovo coronavirus, Pechino ha bloccato le ricerche online di parole o espressioni chiave come polmonite sconosciuta Wuhan oppure mercato del pesce di Wuhan o trasmissione uomo-uomo. Un modo per censurare la notizia, come già le autorità avevano fatto con i medici che per primi, in una chat, avevano lanciato l'allarme già a inizio dicembre. Fra questi Li Wenliang, morto a Wuhan per il Covid-19 dopo aver tentato di dare l'allarme sulle polmoniti sospette in una chat fra colleghi. Prima di ammalarsi, il medico-eroe la cui morte ha acuito la rabbia dei cinesi per la scarsa trasparenza delle autorità, era stato redarguito dalla polizia per aver diffuso voci allarmanti.
Ora che il Paese sembra uscire dall'incubo grazie a una rigidissima quarantena, la narrativa del regime cambia ed esalta il coraggio dei suoi cittadini
anche per ridare luce al suo leader. Una vittoria per Wuhan è una vittoria per la Cina, proclama l'agenzia ufficiale di regime Xinhua. E come per magia, Xi riappare per tentare di placare la rabbia dei suoi connazionali.
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