Cinque milioni di disoccupati Non è un Paese per giovani

In dieci anni i senza lavoro sono raddoppiati: nel Sud solo 30 su 100 hanno un impiego, al Nord più del 50%

Cinque milioni di disoccupati Non è un Paese per giovani

C inque milioni di giovani connessi e ciondolanti, di forzati del divano. Proprio così: tra studenti senza fretta, scoraggiati, choosy (gli schizzinosi) e neet (quelli che neanche studiano) il numero di ragazzi disoccupati ha raggiunto quota cinque milioni. E le prospettive non sono rosee. A delineare il quadro italiano è Non è un Paese per giovani, la ricerca dell'Ugl presentata ieri a Latina dal segretario generale del sindacato, Francesco Paolo Capone.

Secondo il rapporto il numero di disoccupati in Italia è inesorabilmente cresciuto nell'ultimo decennio. Nel 2007 le persone in cerca di occupazione risultavano poco meno di un milione e mezzo. A distanza di 10 anni il numero è raddoppiato. Oggi i disoccupati sono 3 milioni (media 2016). Se a questi se ne aggiungono altri 2 dei cosiddetti scoraggiati, stiamo discutendo di un bacino di circa 5 milioni di giovani in evidente stato di difficoltà. «Il nostro è un Paese fermo, stagnante, così come lo sono le prospettive e la vita stessa dei giovani, delle famiglie, degli anziani. Siamo qui per ragionare, per proporre possibili soluzioni», afferma Capone, presentando i risultati del rapporto in vista delle celebrazioni della Festa del lavoro.

Secondo i risultati della ricerca, in media in Italia solo 40 giovani (15-34 anni) su 100 lavorano. Ma il dato territoriale mostra differenze sostanziali. Se, infatti, in territori quali la Provincia Autonoma di Bolzano, l'Emilia Romagna e la Lombardia l'occupazione tra i 15 e i 34 anni è superiore al 50%, in Calabria, Sicilia, Campania e Puglia risultano occupati meno di 30 giovani su 100 (valori al 2016). La ricerca approfondisce anche il rapporto con il web tra i giovani alla ricerca di un lavoro. Linkedin (ad aprile 2017) raccoglieva 5 milioni e mezzo di curriculum di giovani italiani sino a 34 anni, mentre anche Facebook vede sempre più aziende presenti al proprio interno. L'Istat calcola che il 39,2% delle imprese italiane più strutturate abbiano almeno una presenza su un social media. Ma, nonostante l'avvicinamento al web social da parte di molte imprese, su Linkedin, ad esempio, a fronte di 4 milioni di profili aziendali solo 42mila aziende italiane erano quest'anno alla ricerca di personale. L'Istat rileva, del resto, che solo il 12,4% delle imprese considera strategico il digitale, scegliendo di utilizzare personale interno per le funzioni web e social.

E sempre in tema di giovani e occupazione, un recente studio dal titolo Employment, Skills and Productivity in Italy, realizzato dall'Università Bocconi di Milano attesta che il mercato del lavoro italiano registra troppe disuguaglianze in termini di età, genere, area geografica e titolo di studio.

Ciò che penalizza di più, nella ricerca di un impiego, è il dato anagrafico assieme alla mancanza delle competenze specifiche richieste dai datori di lavoro. Da qui il boom delle attività in proprio, gastronomia/ristorazione su tutte che sta allineando l'Italia al trend (prima mangiare) del resto del mondo.

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