Politica

Cinque "no" contro il rinvio

La tentazione c'è. Inutile negarlo. Emerge tra le pieghe del discorso, nel «non detto», per dirla con la psicanalisi. Ed è quella di spostare le elezioni regionali e, si immagina, anche il referendum

Cinque "no" contro il rinvio

La tentazione c'è. Inutile negarlo. Emerge tra le pieghe del discorso, nel «non detto», per dirla con la psicanalisi. Ed è quella di spostare le elezioni regionali e, si immagina, anche il referendum. Per ora l'ipotesi è stata evocata in qualche articolo di giornale o in tweet di intellettuali di area pentapiddina, questo nuovo mostro a due teste. Ma se i contagi continuassero ad aumentare, se la campagna elettorale non si potesse svolgere, se poi diventasse così tremendamente pericoloso recarsi alle urne? In fondo sono state già rimandate una volta, qualche mese in più cosa sarà, se il valore a cui tutto deve essere sacrificato è la «sicurezza». Dopotutto guardate in Nuova Zelanda, hanno posdatato addirittura le elezioni politiche per il Covid. Ebbene, bisogna gridare a voce molto alta, fin da subito, una serie di no a qualsiasi ipotesi di slittamento del voto. Ottimamente quindi ha fatto Giorgia Meloni a spiegare che l'ipotesi neppure si discute, dovrebbero ripeterlo però anche tutti gli altri leader del centrodestra e non solo loro, chiunque abbia voce. Un silenzio su questo tema potrebbe infatti essere interpretato dal governo come un assenso. Cinque no contro lo slittamento. No perché mentre a maggio i reparti di emergenza erano debordanti, oggi, e secondo le proiezioni anche tra un mese, la situazione pare invece sotto controllo. No perché i focolai della trasmissione del Covid sono sulle navi di clandestini fatte entrare in tutta libertà più che nelle cabine elettorali, in cui non si creano assembramenti. a meno di non pensare alla matita subito infettante chi la tocca. No perché far slittare il voto sarebbe frutto di ipocrisia. Quando a evocarlo erano governi sgraditi al mainstream di sinistra, vedi Ungheria, Polonia o Stati Uniti, allora si è gridato al golpe. Se invece a farlo veramente, e non semplicemente ad annunciarlo, sono Macron o esecutivi di sinistra come quello neo-zelandese, è una scelta matura e razionale. No perché la vera intenzione dello spostamento consisterebbe nel far prendere tempo alla fresca alleanza Pd 5 stelle per trovare candidati comuni, in modo da attenuare quella che a oggi, stando ai sondaggi, si trasformerebbe in una sconfitta per loro. Che avrebbe effetti esiziali sulla tenuta nel governo. No infine perché un gesto di tale gravità convincerebbe una parte non piccola di paese che qualcuno trucca le carte, usa il Covid come finta emergenza per mantenere il potere e che per fermare questa deriva solo lo scontro civile ormai serve.

Giù le mani quindi dal 20 e 21 settembre.

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