Cisgiordania, lo stop Usa a Netanyahu

"No all'annessione", Bibi ferma la legge. Trump: andrò a Gaza, vedrò se liberare Barghouti

Cisgiordania, lo stop Usa a Netanyahu
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Non s'ha da fare. L'annessione della Cisgiordania a Israele "non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi" e perché, se il piano andasse avanti, "Israele perderebbe il sostegno degli Stati Uniti". Parola di Donald Trump, che al settimanale Time si dice convinto di poter normalizzare i rapporti con l'Arabia saudita "entro fine anno", pronto ad andare a Gaza per il "Board of Peace", il Consiglio di pace di cui sarà presidente. Lo stop al conflitto, fortemente voluto dal presidente americano, si è realizzato quando Trump - questo il racconto del leader Usa - per fermare la guerra che "Netanyahu avrebbe continuato per anni" ha spiegato al premier israeliano: "Bibi, non puoi combattere il mondo". A condensare la linea del presidente è anche un funzionario americano che ha riferito a Barak Ravid, di Axios: "Trump fotterà Netanyahu, se Netanyahu fotterà la pace". E l'annessione della Cisgiordania è una "minaccia alla pace", ribadisce il segretario di Stato Marco Rubio, arrivato ieri in Israele, dove ha incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che parla di "giorni del destino" per il Medioriente, dopo la partenza degli inviati americani, Witkoff e Kushner, e mentre il vicepresidente Usa, JD Vance, prima di tornare negli Usa, definisce un "insulto" il pronunciamento della Knesset.

Il voto preliminare della Knesset sulla Cisgiordania - la Giudea e Samaria per gli israeliani - un voto che mercoledì ha dato il primo via alla sovranità di Israele nell'area (ma serviranno ancora tre letture del Parlamento perché diventi legge) crea tensioni sull'asse Washington-Gerusalemme, tanto da spingere Netanyahu a parlare di "provocazione politica" e a ordinare al governo di fermare l'iter. Le parole di Trump rilanciano le accuse interne di un Paese, Israele, diventato "vassallo" degli Stati Uniti, tanto da aver fatto parlare di "Bibi-sitting", un governo israeliano a cui Washington starebbe facendo da balia. Non a caso il ministro dell'estrema destra Itamar Ben Gvir, che preme per l'annessione, è corso a precisare che, pur "avendo grande stima di Trump", deve ricordargli che "Israele è uno Stato sovrano e indipendente" e "i membri della Knesset votano a propria discrezione". Quanto all'altro ministro della destra messianica, Bezalel Smotrich, contrario a qualsiasi accordo con l'Arabia Saudita, se subordinato a uno Stato palestinese, alla fine è stato costretto a scusarsi per la frase pronunciata su Riad: "Continuate a cavalcare i vostri cammelli nel deserto saudita", aveva detto rivolto al regime che Trump spera di spingere verso la normalizzazione dei rapporti con Israele.

Come prevedibile, oltre una decina di Paesi arabi hanno condannato "con massima fermezza" i piani israeliani sulla Cisgiordania. E a riprova che Trump stia lavorando su tutti i fronti per la pacificazione del Medioriente, il presidente spiega anche di essere in fase di valutazione per capire se appoggiare la scarcerazione di Marwan Barghouti, il leader palestinese detenuto in Israele da 23 anni e possibile futuro leader.

Ben Gvir lo definisce "un atroce assassino nazista, con le mani sporche di sangue" e promette che "non sarà rilasciato e non guiderà Gaza". Ma Washington potrebbe imporsi. Hamas - garantisce Vance - sarà disarmata e a farlo sarà la Forza di Stabilizzazione internazionale prevista dal piano di pace.

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