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La città eterna con i suoi guai

A Roma la confidenza con l'eternità è tale che anche i guai sfidano il tempo, in quell'immobilità cialtrona che è l'ottavo colle della Capitale.

La città eterna con i suoi guai

A Roma la confidenza con l'eternità è tale che anche i guai sfidano il tempo, in quell'immobilità cialtrona che è l'ottavo colle della Capitale. Solo così si spiega come la città che dovrebbe essere la cartolina animata del sistema Italia resti una carta straccia che nessuna amministrazione di qualsiasi colore sembra in grado di scartocciare un po'.


Giorni fa ero in via Premuda, tra Prati e delle Vittorie, in uno dei quartieri più nobili della città, il Palazzo di Giustizia a poche decine di metri, la Rai a meno di un chilometro, le campane di San Pietro che si sentono distintamente. In quella strada assolata tre cassonetti traboccavano di rifiuti al punto che tutto il marciapiede e perfino parte della carreggiata erano pieni di scarpe, bucce di angurie (che lì si chiamano cocomeri), mobili vecchi, bottiglie vuote. Il quarto cassonetto era addirittura rovesciato, come fosse stato colpito da un colosso. Uno spettacolo che farebbe impressione anche a Kabul (ci perdonino gli afghani).


E poi i roghi neroniani (ieri all'alba è andata distrutta una delle più storiche bancarelle di libri usati, quella del Professore a piazzale Flaminio, a pochi metri da piazza del Popolo), i quartieri che soffocano, lo zoo urbano affollato di gabbiani, cinghiali, roba che se vedi un sorcio quasi sembra un vecchio amico. Le scale mobili di molte stazioni della metropolitana sono perennemente ferme, i passeggeri imboccano le scale «immobili» direttamente, senza nemmeno sfidare la sorte. Perfino gli attori e gli intellettuali, sempre pronti a sfilare sul red carpet del radicalismo chic pappa e ciccia con la sinistra, sembrano averne le saccocce piene: qualcuno gira video, qualcun altro redige manifesti, tutti sono molto attivi sui social mettendoci la faccia, quella stessa faccia che in molti hanno perso.


Quando c'era Alemanno si diceva che certo, che volete farci con la destra, quelli sono affamati di clientele dopo decenni di amministrazioni rosse. Poi è arrivata Virginia Raggi e pareva fosse tutta colpa della velleitaria improvvisazione dei pentastellati, poracci, che è già tanto che la mattina trovavano la strada del Campidoglio. Ma oggi sullo stesso Campidoglio siede Gualtieri Roberto, piddino doc, accolto alla sua elezione come l'anonimo salvatore di Roma nostra, che tanto chiunque, anche un ologramma, avrebbe fatto meglio dei grillini. Ma la pena capitale continua. Nihil sub sole novum, come dicevano i romani.

Quelli veri.

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