Cronache

In città la musica è finita: spenti gli artisti di strada

Ultimo caso a Torino: si potrà suonare dalle 10 alle 22 se autorizzati. Ai trasgressori sequestrato lo strumento

In città la musica è finita: spenti  gli artisti di strada

Torino - Suoni agli angoli delle vie senza autorizzazione? A Torino ti sequestrano gli strumenti.

Fa rumore il botto di una delibera che, per tutelare i cittadini da disagi e disturbi d'ogni genere, dispone il sequestro di chitarre, violini, tamburi, flauti ed ogni altra «strumentazione impiegata nel commettere la violazione». Il provvedimento reca il timbro del consiglio comunale torinese, a trazione pentastellata. La motivazione che ha portato la sindaca Chiara Appendino e a sua maggioranza a Cinquestelle a fare dei musici di strada pirata degli Al Capone del pentagramma viario è motivata con l'esigenza di garantire sicurezza, ordine e decoro. E così spazio a suonatori, musici e commedianti vari, ma solo dalle 10 alle 22, «con particolari ulteriori restrizioni per zone di rilevante interesse storico, artistico ed ambientale» e l'obbligo di utilizzo di amplificatori di potenza non superiore ai 20 watt e a non meno di 100 metri di distanza da ospedali, chiese, case di cura, scuole e persino cimiteri, nel tentativo estremo di provare a normare quel che per sua natura è libero, l'arte di strada.

Un esperimento, comunque, affatto inedito né di tendenza grillina. A Milano, per dire, dove il governo civico veste i colori del centrosinistra, esiste uno specifico sportello, aperto in determinati giorni ed orari, al quale è necessario registrarsi per poter poi prenotare spazi e orari delle esibizioni stradali. E per essere ammessi a figurare in tale elenco, come in una facoltà a numero chiuso, «è necessario produrre un video, anche di breve durata, dal quale emerga la capacità artistica e l'identità delle persone che si iscrivono».

Nel mirino dei primi cittadini di mezza Italia, insomma, gli abusivi e gli improvvisati del mestiere. Perché ormai di professione si tratta. I busker italici hanno una federazione tutta loro (la Fnas) e la legislazione di settore si è notevolmente evoluta, di pari passo col fiorire dei talenti di piazza: fino al 2001 era sufficiente iscriversi al registro dei mestieri girovaghi e richiedere in Comune un permesso temporaneo per poter sfoggiare le proprie (presunte) qualità artistiche. Poi ogni Municipio s'è vista riconoscere la possibilità di disciplinare da sé la materia e, a partire dal 2004, anche le regioni in primis Piemonte e Puglia hanno iniziato a legiferare. A Roma, ad esempio, nel 2012 la Polizia Municipale era stata incaricata di «procedere al sequestro di strumenti e amplificazione» di chiunque si esibisse «con strumenti a percussione di qualunque natura». A Firenze, invece, nel 2014 il permesso di suonare in pubblico era stato accordato solo ai residenti. Com'è finita? Nella Capitale il Tar ha cancellato le norme relative al sequestro. In riva all'Arno, invece, Palazzo Vecchio ha fatto retromarcia da sé. Nel 2015 in pista è scesa anche Trieste, con un regolamento alquanto restrittivo voluto dall'allora sindaco Roberto Cosolini (Pd), reso ancor più severo, l'anno seguente, dalla giunta di centrodestra con l'introduzione per qualche mese della misura della confisca della strumentazione ai clandestini dell'ars viaria, «al fine di evitare la reiterazione dell'attività vietata, agevolare gli artisti e punire i disturbatori». Nel 2017 era toccato a Sanremo: nella città dei fiori era stato introdotto per i suonatori il divieto di esibirsi per più di mezz'ora nello stesso luogo (un'ora per mimi e giocolieri), con facoltà di dare sfoggio delle proprie doti artistiche dalle 10.30 alle 13 e dalle 16 alle 22.30 (ma d'estate), con libertà d'uso di impianti di amplificazione se in possesso di diploma di conservatorio o di iscrizione alla Siae. Ma il Tar ha cancellato tutto, in nome della libertà di espressione artistica.

Ci riprova adesso Torino.

Come fosse facile fermare arte e note, sia pur di contrabbando.

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