Roma - Mattarella firma, ma non troppo. Il via libera del Colle arriva, ma solo dopo una settimana di polemiche, di radiografie giuridiche da parte degli esperti del Quirinale, di ritocchi al testo e di un ruvido faccia a faccia con Salvini. Il decreto sicurezza torna indietro, ma viaggia accompagnato da alcune avvertenze d'uso. La prima è il richiamo all'articolo 10 della Costituzione, quello sul diritto d'asilo. L'altra è un invito al rispetto dei trattati internazionali.
Mattarella firma perché non poteva farne a meno. Sarebbero saltati governo e manovra e saremmo andati verso un pericoloso esercizio provvisorio di bilancio, con lo spread impazzito, i buoni del tesoro in picchiata e la speculazione scatenata. Però scrive a Giuseppe Conte e lo vincola chiedendogli un'assunzione di responsabilità: il premier dovrà controllare ed evitare che clima e contesto portino a un'applicazione troppo dura della sospensione della protezione umanitaria. Una mossa un po' democristiana, di antica tradizione quirinalizia, dettata dalle circostanze: il provvedimento sull'immigrazione non si può avallare ma nemmeno contrastare. Al presidente il decreto non piace, è lontanissimo dalla sua formazione, però non tocca a lui un giudizio di merito. Il Colle può soltanto esercitare un po' di moral suasion e poi verificare eventuali conflitti con la Costituzione.
Si ripete quindi lo stesso schema che stiamo vedendo con la Finanziaria. Il capo dello Stato non approva il rischio che la maggioranza gialloverde sta facendo prendere al Paese, con una manovra in deficit, molte cambiali pre-elettorali da onorare e pochi investimenti strutturali per la ripresa. È preoccupato per la probabile bocciatura dell'Europa ma soprattutto per la reazione dei mercati e lo ha fatto sapere in tutti modi. Ha spiegato pubblicamente che l'equilibrio del bilancio è previsto dalla Carta per proteggere i risparmi e il potete d'acquisto delle famiglie. Ha chiesto a Conte, quando lo ha ricevuto lunedì nel suo studio, di darsi da fare e preparare una rete di protezione al Paese in caso di crisi economica. Ha cercato attraverso Tria e Moavero, finora con poco successo, di ottenere delle correzioni.
Ma più di tanto Mattarella non può fare. Il Quirinale non è un «contropotere politico» e non ha nessuna intenzione di sostituirsi all'opposizione, perciò il presiedente non vuole interferire nel dibattito tra i partiti. Il problema, visto dalla prospettiva del Colle, quindi non è tanto l'entità a manovra, perché ogni maggioranza ha il diritto e il dovere di fare le sue scelte, ma la sua sostenibilità.
C'è anche il quadro generale da considerare, la mancanza di alternative, che costringe Mattarella a una coabitazione scomoda. Se il governo Conte cade, si va verso elezioni anticipate e questo riduce lo spazio di manovra del presidente.
Tria è in difficoltà, Moavero ha il suo da fare per far digerire la Finanziaria a Bruxelles, con Salvini i rapporti sono ai minimi termini, Di Maio non ne parliamo. L'unico a tenere i contatti, oltre al premier che conta fino a un certo punto, è Giancarlo Giorgetti. Basterà?
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