RomaComunista: Giorgio Napolitano, dice Gherardo Colombo, è rimasto «al centralismo democratico». Comunista ma anche fascista: «È nato nel '25, tre anni dopo la marcia su Roma, e la cultura del tempo era quello che era». Comunista, fascista e pure stalinista: «Nel '56 era dalla parte dei sovietici che avevano invaso l'Ungheria con i carri armati». Comunque autoritario, visto che quando copre Renzi sulle riforme e scrive al Csm fa «riaffiorare la cultura del passato».
Parole forti, che provocano le proteste di diversi parlamentari del Pd ma che cadono nell'indifferenza gelida del Colle. Il capo dello Stato è in Alto Adige e non intende rovinarsi le vacanze per i giudizi dell'ex pubblico ministero di Mani Pulite. Dal Quirinale quindi nessun commento, nessuna reazione ufficiale. «La storia del presidente parla da sola». Quanto all'Ungheria, si fa notare che nel 2006 il primo atto del suo mandato è stato un viaggio a Budapest sulla tomba di Imre Nagy.
Che il rapporto tra Napolitano e ampi settori della magistratura fosse complicato, magari per le sue ripetute prese di posizione a favore della riforma della magistratura, era chiaro da tempo: basti pensare al caso delle intercettazioni illegittime e al conflitto con la Procura di Palermo. Che tra King George e i «pm protagonisti» non corra buon sangue, anche questo è piuttosto noto, come testimoniano gli attacchi di Ingroia e Di Matteo. Che lo cose siano peggiorate per il supporto quirinalizio a Renzi, colpevole di intese con il nemico storico Silvio Berlusconi, pure questo si era capito. Ma adesso il fatto che a scendere in campo sia una «vecchia gloria» come Colombo fa pensare che lo scontro si sia alzato di livello.
Intervistato dal Fatto l'ex pm, oggi presidente di Garzanti e consigliere di amministrazione della Rai, spara infatti su un doppio bersaglio, Quirinale e Palazzo Chigi. «Napolitano sostiene Renzi? Appoggiava pure Stalin», è il titolo. Nel testo Colombo se la prende a lungo con le riforme del premier, boccia il nuovo Senato e l'Italicum, difende l'ostruzionismo. E verso la fine si concentra su Napolitano: «È nato nel 1925, anche non volendo si era in qualche misura contagiati dal credo assoluto verso la verticalità della società. E una volta che l'Italia si è liberata dal fascismo, il presidente si è trovato a condividere pensiero e parole di Stalin».
Certo, l'ex magistrato prende atto del «tormento autocritico» del presidente, però ironizza: «Bisogna dargliele atto, riconoscere il risultato di sforzi davvero notevoli». E lo attacca sul presente: «Mi pare che la cultura del passato, il metodo del centralismo democratico, la convinzione del primato della politica, ogni tanto riaffiorino». È successo, sostiene, «con la lettera al Csm a proposito di questioni che hanno investito la procura di Milano» e sulle riforme costituzionali. Il consigliere Rai conclude con un consiglio: «Si preoccupi di ricordare alle Camere che è inopportuno usare ghigliottine o tagliole in una materia così delicata».
Frasi «inaccettabili», secondo la deputata del Pd Stella Bianchi: «Pare impossibile che arrivino da un uomo delle istituzioni».
Giudizi «di una superficialità assoluta», come pure «le provocazioni sulle riforme del governo», scrivono in una nota i senatori Laura Cantini, Claudio Moscardelli e Francesco Scalia: «La storia non deve essere il forte del consigliere Rai Colombo». E anche un bersaniano doc come Miguel Gotor s'indigna. «Sono sconcertato per la rozzezza e la banalità degli argomenti. Colombo si rilegga la biografia di Napolitano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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