Lara Comi arriva a Palazzo di giustizia poco prima delle 11.30. Sorride, indossa scarpe da ginnastica e piumino blu. Il difensore, l'avvocato Giampiero Biancolella, le fa da scudo e rilascia una prima dichiarazione: «La dottoressa Comi intende respingere le accuse e dimostrerà, utilizzando anche la documentazione che è stata acquisita nel corso dell'indagine, che i reati contestati sono inesistenti. L'interrogatorio di garanzia non sarà breve».
Infatti la ex europarlamentare di Forza Italia risponderà al gip Raffaella Mascarino per quattro ore e mezza. Giovedì scorso è finita ai domiciliari (come l'ad dei supermercati Tigros Paolo Orrigoni, l'ex dg di Afol Giuseppe Zingale invece è in carcere). Risponde di corruzione, false fatture, finanziamento illecito ai partiti e truffa aggravata al Parlamento europeo nell'ambito dell'inchiesta della Dda milanese «Mensa dei poveri». Alla fine dell'interrogatorio fiume è sempre il difensore a rispondere alle domande dei cronisti, mentre Comi lascia il palazzo. Biancolella fa una premessa: «La mia assistita è convinta di non aver commesso alcun reato. Soprattutto non si riconosce nel ritratto che è stato fatto di lei come di una persona che non rispetta le regole». Il riferimento è alla definizione dell'ordinanza di custodia cautelare: l'indagata è «refrattarietà in merito al rispetto delle regole» e mostra una «non comune esperienza nel far ricorso ai diversi collaudati schemi criminosi».
Poi l'avvocato affronta le contestazioni dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri ed espone la «linea difensiva». Spiega che Lara Comi ha «fornito al gip chiarimenti e ampia documentazione. Abbiamo portato all'attenzione del giudice alcuni atti già acquisiti dalla Procura durante l'inchiesta, ma non presi nella dovuta considerazione al momento di formulare le accuse, che secondo noi dimostrano l'insussistenza dei reati contestati». Si parte dalla presunta mazzetta dietro una consulenza pagata da Afol e incassata dalla società della ex eurodeputata, la Premium Consulting srl. Qui la grande accusatrice di Comi è l'avvocato savonese Maria Teresa Bergamaschi, anche lei indagata. Spiega Biancolella: «La corruzione è totalmente insussistente. Abbiamo portato al gip la registrazione dei messaggi vocali che si sono scambiate le due professioniste, comunque già acquisiti, che dimostrano che è stata costruita una rappresentazione che confligge con la realtà. In quegli audio Bergamaschi afferma chiaramente che è stato sottoscritto un regolare contratto». Il legale sottolinea che le fatture sotto la lente degli inquirenti sono relative a reali attività svolte dalla Premium e a compensi professionali dovuti: «Nessuna provvista corruttiva». Significa che Bergamaschi davanti ai pm contraddice sé stessa? «Andrebbe chiesto conto a lei», continua l'avvocato.
Di tenore simile la versione della difesa sulla presunta truffa all'Ue in relazione al compenso per l'addetto stampa Andrea Aliverti: «Il contratto con il giornalista è stato oggetto di verifica da parte del Parlamento europeo, che ha concluso in una mail che era tutto regolare e che il compenso era congruo». Retrocessioni di denaro a Nino Caianiello, il presunto «burattinaio» di tutta la vicenda? «Nessuna». Inoltre, aggiunge il difensore, «Caianiello è stato assistente parlamentare di Comi per due mesi alla fine del 2016 per svolgere attività sul territorio, c'era un contratto. Chiedete a lui come mai ha detto il contrario ai pm...».
Infine il denaro arrivato dalla Omr holding del presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti: «Nessun finanziamento illecito, si tratta di compensi per l'attività professionale svolta da Comi in base, anche qui, a un contratto tra privati». La difesa, per ora, non chiede la revoca dei domiciliari.
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