Cronache

Pacifismo inutile: l'esodo va fermato

Il flusso migratorio finirà per scardinare il già scricchiolante canone della convivenza civile

Pacifismo inutile: l'esodo va fermato

Se è vero, come ammoniva il filosofo George Santayana, che coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo, l'Occidente deve proprio essere vittima di un collettivo attacco di amnesia. Non è spiegabile, infatti, questo ritorno di fiamma della politica dell' appaisement senza che dalla mente di Obama, della Merkel, di Hollande, di Rajoy, di Cameron, di Renzi e Mattarella sia svanito il ricordo di Monaco. Dove nel settembre del 1938 Daladier e Chamberlain, con la politica dell' appaisement , dell'accomodamento sulla questione dei sudeti, credettero di aver soddisfatto le mire espansioniste di Hitler. Riconducendolo alla ragione - alla pace - senza dover ricorrere alle armi, con la sola forza del dialogo. Si sa come andò: esattamente un anno dopo il Führer invadeva la Polonia dando il via alla seconda guerra mondiale.

Con quello spirito Stati Uniti, Germania, Francia, Spagna e Italia hanno firmato giorni fa una tronfia dichiarazione congiunta sulla crisi libica: invitando, dopo aver ribadito «ancora una volta che non esiste una soluzione militare al conflitto politico in Libia», le fazioni in lotta a prendersi per mano e magari fare un girotondo nell'augurio che il dio della pace si commuova. Con quello spirito, ancor più accentuato, se possibile, Sergio Mattarella si è rivolto ai partecipanti al Meeting di Rimini, ma parlando da Capo dello Stato, al Paese intero. Alla minaccia del «terrorismo» che introduce nel Mediterraneo «i germi di una terza guerra mondiale», Mattarella invita a rispondere «prosciugando l'odio» islamista facendo «crescere la fiducia e la cooperazione», mostrando «i vantaggi della pace». Già noti, per altro, all'Isis: quelli della «loro» pace, beninteso. Redivivo Chamberlain, il capo dello Stato crede dunque nel primato del dialogo interreligioso, strumento già di per sé spuntato perché nella religione il dialogo è di confutazione o non è. Le religioni mai hanno preso in considerazione, figuriamoci praticarlo, il dialogo di apertura. La missione - citatissima e presa a modello - di Francesco d'Assisi presso sultano d'Egitto non fu quella di dialogare, ma di convertire Malik al Kamil. «Convertiti alla fede di Cristo o brucerai in eterno nelle fiamme dell'inferno». Questo fu il dialogo. Per tutta risposta il sultano lo cacciò, salvandogli il collo perché lo credette un folle (non ebbero la stessa fortuna altri tre francescani che successivamente si recarono a «dialogare» in Algeria: finirono decapitati, alla moda islamica).

Fronteggiare ad armi pari - o meglio ancora con «una violenza incomparabilmente superiore», come vorrebbe Giuliano Ferrara - il califfato, insediare in Libia campi profughi sul modello giordano gestiti dall'Onu e presidiato da una forza multinazionale di caschi blu - unico modo per regolarizzare il flusso migratorio - comporta tutta una serie di rischi e di incognite, certo. Ma di contro, si presentano le certezze sul risultato della politica dell' appaisement : l'Isis si impadronirà della Libia, facendone uno stato islamico a un tiro di schioppo dall'Italia, porta mediterranea dell'Europa.

E il flusso migratorio seguiterà, aumentando di vigore e di numero finendo per scardinare, per quel che ci riguarda, il già scricchiolante canone della convivenza civile.

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