Prima erano «clandestini» ma il termine, considerato dispregiativo, è vivamente sconsigliato se non si vuol passare per neonazisti. Laura Boldrini, autorità indiscussa in questo campo, ammoniva già quattro anni fa, quando ancora era all'Onu, che usare la parola clandestino «significa contribuire ad alimentare la paura, l'ansia». Una parola crudele da cancellare dai dizionari. Quindi sono diventati «immigrati», ma anche quello è sembrato offensivo, ed è dunque da ritenersi bandito dalle conversazione civili. Siamo allora passati a «extracomunitari», nel senso che non vengono dalla Comunità europea. Può andare? No, perchè anche gli americani o gli australiani sono extracomunitari, ma mica li chiamiamo così. Ergo: discriminazione, razzismo, xenofobia. Allora che fare? Come chiamarli per non passare da razzisti? In soccorso è arrivata la parola «migrante», più rispettosa e altruista, benchè abbia lo stesso identico significato di immigrato - a parte le due lettere iniziali -, anche la Caritas e la Chiesa cattolica li chiamano così, migrantes appunto. Ma ecco, non va più bene neppure questo. Se n'è accorto il ministro Galletti, Udc, casiniano di ferro: «Non chiamiamoli più migranti, questo termine ci distacca da quelle persone. Voglio vedere il loro nome e cognome ogni volta che muoiono. Solo così li conosceremo veramente. Chiamandoli migranti, invece, cadremo nell'indifferenza».
Credevamo di aver trovato un termine accettabile ma ci eravamo illusi. Eppure «migrante», come pure «rifugiato», sono usati da organizzazione internazionali non tacciabili di indifferenza, come Amnesty International o Human Rights Watch. Ma il governo italiano li ha superati in correttezza linguistica, anche «migrante» è termine egoista. Non si capisce bene, però, quale sia l'alternativa linguistica proposta. Chiamarli per nome, sembra suggerire il ministro Galletti. Ma pare complicato. La strada sembra quella, piuttosto ipocrita, già seguita per altri termini considerati irrispettosi. Così via via parole come «spazzino», «donna delle pulizie», «cieco», «barbone» sono state tramutate in «operatore ecologico», «collaboratrice domestica», «diversamente abile», «non vedente», «senza fissa dimora», tanto per sentirsi migliori.
Persino Papa Francesco mette in guardia dal «linguaggio socialmente educato», dalle «parole troppo zuccherate» che mostrano, al contrario di quel che vorrebbero, un'inclinazione «all'ipocrisia». Come chi, al posto del già emendato «migrante», suggerirà varianti ancora più zuccherose: «diversamente regolare», «non ancora europeo», «senza fissa nazionalità». Allora sì che non saremo più indifferenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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