di «A cavalle', m'hai provocato e io me te magno!». Doppiaggio surreale ma non irreale della scena cult di Un Americano a Roma redatta dai grigi sceneggiatori dell'europarlamento di Bruxelles. Che con il loro innegabile talento nel rendersi impopolari, danno il via libera alla classificazione degli insetti come «nuovi prodotti alimentari» proprio pochi giorni dopo che i burocrati in camice bianco dell'Oms hanno messo le mani e i piedi nei nostri piatti dicendoci che la Fiorentina e il prosciutto San Daniele ci fanno venire il cancro. Facendo così passare il concetto che un coleottero ci fa meglio di un suino di cinta senese. Un lombrico di una lombata. Uno scarabeo di uno scamone. Che dite? A voi le termiti alla cacciatora fanno schifo? Andatelo a dire ai compilatori degli euroregolamenti, che scrivono i nostri menu del futuro.
Cose che capitano quando affidiamo la nostra dieta, oltre a tutto il resto che già abbiamo devoluto con delega in bianco, ai travet della Spectre del cibo. Quelli che fanno di ogni proteina un fascio. Che sembrano ignorare che, se l'Italia è il secondo Paese al mondo più longevo dopo il Giappone, una ragione ci sarà. E risiede nella nostra alimentazione naturalmente equilibrata, mediterranea la chiamano gli esperti di tutto il mondo che cercano di imitarla senza l'antica sapienza (il know how , si dice ora) anche se noi la pratichiamo da secoli senza aver sentito mai il bisogno di dargli un'etichetta: pasta, cereali, pesce, carne in genere di alta qualità, salumi sì ma spesso con disciplinari dop che ne fanno delle vere perle alimentari, frutta, verdura, legumi, un po' di vino buono, caffè e ammazzacaffe. Proprio quello che l'Oms, sempre lei, minaccia ora di fare mettendo l'espresso nel mirino dopo averci inzaccherato il brasato.
Il buffo è che gli stessi burocrati entomofagi non sembrano essere così alacri quando si tratta di distinguere il Parmigiano dal Parmesan, il Gorgonzola dal Combozola, il prosciutto italiano da quello fatto con suini extracomunitari, l'olio extravergine da quello tunisino, il Brunello di Montalcino dal Brunetto di Ponticino, il Cappuccino dal Frappuccino. Forse per vendicarci dovremmo proporre le cavagliette al posto delle cavallette?
Ora:
la cucina è apertura mentale, contaminazione, dialogo continuo tra innovazione e tradizione. Ma è anche e soprattutto questione di buon senso. Non perdiamolo di vista. E soprattutto non provocateci, che poi «ve magnamo».