Quel sagrato vuoto per l'addio a Saman

In serata, verso le sette, c'è stata la fiaccolata, con il suo bel ritratto esposto, la tappa al monumento dei caduti, le bandiere a mezz'asta e il lutto cittadino proclamato per un giorno

Quel sagrato vuoto per l'addio a Saman
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In serata, verso le sette, c'è stata la fiaccolata, con il suo bel ritratto esposto, la tappa al monumento dei caduti, le bandiere a mezz'asta e il lutto cittadino proclamato per un giorno. E prima della funzione del pomeriggio, iniziata ieri alle quindici e durata circa un'ora, ci sono state le parole dell'Imam, Yassine Lafram, e quelle della sindaca di Novellara, Elena Carletti. Ma vedere il feretro arrivare in quella piazza deserta ha fatto male lo stesso. Ci sono venute in mente altre atrocità seppellite, se non altro, con i singhiozzi rabbiosi di un Paese intero a seguire la posa di ogni pugno di terra. Ci sono tornate alla mente altre atrocità condannate, se non altro, dalla vicinanza e dello sdegno comuni. Con maxi schermi a inquadrare lo scempio e telecronache a ribadire la vergogna, ad assicurare che certe barbarie non si dimenticano e non si dimenticheranno mai. Gesti gonfi di enfasi che magari lasciano il tempo che trovano, ma che intanto si sono stretti attorno a quei lutti che non sono stati pianti in solitudine. Sappiamo che il funerale di Saman Abbas, celebrato tre interminabili anni dopo il suo agghiacciante omicidio, sono stati decisi in forma privata anche per tutelare il fratello minore della ragazza, Ali Haider. Ma quella piazza gremita solo di pioggia ci ha fatti sentire orrendi. Ovvio che dietro Saman, massacrata nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a soli diciott'anni per essersi opposta alle nozze combinate in Pakistan con un cugino, non ci fosse la sua famiglia: è proprio dalla sua famiglia che Saman è stata ammazzata. Solo il 19 dicembre scorso, la Corte di assise di Reggio Emilia ha condannato all'ergastolo per il suo femminicidio il padre Shabbar Abbas, estradato dal Pakistan e la madre Nazia Shaheen, ancora latitante, a 14 anni lo zio, Danish Hasnain, mentre ha assolto e liberato i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Uccisa dalla mano della propria madre, salutata in una chiesa praticamente vuota, seppellita da sola nel cimitero di Novellara. Lo stesso cimitero in cui sono custodite le spoglie di Augusto Daolio, il cantante dei Nomadi, scomparso nel 1992. Nomadi... Come se esistesse qualcuno di più nomade di chi non è mai potuto stare nel ventre della propria famiglia. Lì Saman ci ha trovato solo la morte. E che morte...

Ai suoi parenti non è nemmeno bastato ucciderla, hanno cercato di cancellarla dalla faccia della terra, «qualcosa» da poter buttar via e nascondere da qualche parte, schiacciata sotto ad altro. Vedere il feretro solitario sul sagrato ci ha risputato in faccia tutto. E ci ha fatti sentire inadatti a salutarla, a vendicarla a darle pace. Inadatti a riparare il Male.

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