All'indomani della notte in cui sarebbe stata stuprata, una delle ragazze aveva inondato di faccine e di «like» i messaggi su Facebook del suo presunto violentatore: e forse sarebbe bastato questo a sollevare qualche dubbio su quanto era davvero accaduto a Menaggio, sulle spiagge del lago di Como, la notte tra l'8 e il 9 agosto. Invece erano finiti in galera in tre, tutti ragazzotti di questa zona di ville spettacolari e abbozzi di movida: un barista di 22 anni, e due suoi amici di origine straniera, un eritreo e un albanese. Un quarto, un ragazzo moldavo, aveva fatto perdere le sue tracce. Nella zona, un po' di allarme ma anche robuste incredulità, da parte di chi conosce bene Nicholas Pedrotti, il barista: vivace anzichenò, un debole spesso ricambiato per le belle ragazze. Ma lontano dal cliché del mostro.
Incredulità ben risposta, si può dire ora. I tre arrestati tornano tutti in libertà, dopo che il giudice preliminare si è studiato i loro interrogatori e quelli delle due ragazze che li hanno denunciati. «Non susisstono i gravi indizi di colpevolezza», gli unici che possono portare al carcere preventivo, scrive il giudice Carlo Cecchetti. Che i quattro ragazzi e le due minorenni si siano incontrati non c'è dubbio, e non c'è dubbio neanche che la serata sia finita a distanza assai ravvicinata. Ma di uno stupro non c'è prova.
Il problema è che nei loro interrogatori le ragazze si sono contraddette tra di loro, e su aspetti non marginali dei fatti dell'8 agosto. I racconti dei tre arrestati, invece, hanno combaciato perfettamente. «Non abbiamo E hanno negato di avere mai costretto le ragazze a fare nulla. Come in tutte (o quasi) le storie di stupro, c'era una parola contro l'altra, la vittima che accusa e l'accusato che nega. Quasi sempre, alle vittime si dà credito. Ma stavolta si è dovuto prendere atto che l'accusa vacillava, e invece la difesa reggeva.
Ne dà atto la stessa Procura che aveva disposto il fermo dei ragazzi, e che ieri con un comunicato del suo capo Nicola Piacente dà atto che «l 'unica fonte di prova a carico degli indagati è costituita dalle dichiarazioni delle persone offese, che tali dichiarazioni non sono tra loro convergenti, che gli indagati, in sede di interrogatorio, hanno compiutamente ricostruito i fatti con versioni complessivamente convergenti e, astrattamente, plausibili». Certo, la Procura ricorda che la scarcerazione non equivale a una assoluzione, che le indagini vanno avanti e che i quattro restano accusati di stupro di gruppo: ma intanto dice che l'episodio ha colpito sia le vittime che gli accusati.
Nicholas e gli altri, insomma, potrebbero essere finiti in cella ingiustamente. E magari l'unico vero colpevole, come i fermati hanno provato a spiegare nei loro verbali, è quello che manca all'appello: il moldavo, l'unico - non a caso - che ha tagliato la corda.
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