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"Compro io una casa nuova alla nonnina terremotata"

L'anziana di 95 anni sfrattata da uno Stato miope verrà aiutata da un anonimo imprenditore lombardo

"Compro io una casa nuova alla nonnina terremotata"

Roma - Una casa per nonna Peppina. No, non è il Comune né il governo a dare una svolta a una vicenda che sta appassionando gli italiani. Tantomeno il Quirinale, che nega di aver ricevuto una richiesta di aiuto dalla nonnina. A mettere le mani sul portafogli è un imprenditore lombardo, stanco di un immobilismo che fa soffrire la signora Giuseppa. La vecchina da un anno vive in un container, incandescente d'estate, gelido d'inverno, mentre sulla sua casetta di legno pesa un provvedimento di sfratto. «Basta chiacchiere - spiega al Giornale l'imprenditore che vuole restare anonimo -. Peppina vuole rimanere nel paese in cui ha vissuto per tutta una vita? Farò l'impossibile per esaudire il suo desiderio. Ci sarà pure da qualche parte, nelle immediate vicinanze della sua vecchia abitazione, un appartamento sicuro e in vendita? Bene, che il sindaco mi faccia sapere al più presto perché lo voglio donare a Peppina». L'uomo è il fondatore di una società, la SixthContinent, piattaforma social commerce con sede a San Francisco e Milano. Un'impresa che va oltre l'e-commerce. «Siamo un grande gruppo di acquisto - spiega - da noi i soci (l'iscrizione è gratuita) risparmiano e guadagnano denaro da spendere poi per qualsiasi cosa grazie ai nostri partner. E se noi risparmiamo su benzina, viaggi, vestiti, elettrodomestici, abbiamo una vita più serena, quindi perché non dare un poco della nostra felicità a chi non ce l'ha più?». La storia della nonna di Fiastra è nota ma vale la pena ricordarla. Giuseppina Fattori, 95 anni suonati e un cervello in perfetta forma, da 70 anni vive a San Martino di Fiastra, Macerata. Uno dei centri colpiti dal sisma che ha devastato il Centro Italia fra agosto e ottobre 2016. In attesa della ricostruzione, anche parziale, l'anziana va a vivere dalle figlie. Sette mesi tra Castelfidardo e Civitanova, prima da una poi dall'altra. È Gabriella Turchetti, la farmacista, a spiegare che la mamma non ce la faceva più a stare lontana dal suo paese. Come fare? All'inizio c'è il container della Protezione Civile, poi una casetta prefabbricata da piazzare davanti alle macerie della vecchia abitazione, in attesa che il governo inizi la ricostruzione. Realizzata su un terreno, sottolineano le figlie di Peppina, di loro proprietà, edificabile e in regola con tutti i permessi. O quasi. A nonna Peppina non viene rilasciata l'autorizzazione paesaggistica. Strano per una zona terremotata. Tant'è. «Si trattava solo di una sistemazione provvisoria, più dignitosa e pratica di uno scatolone di ferro», dicono i paesani. I giudici non sentono ragioni. Entro dicembre Giuseppina deve sloggiare definitivamente e far largo alle ruspe. Arriva una prima sospensiva alla fine di settembre, in attesa del ricorso al Tar. Per il Tribunale del Riesame Peppina può tornare nella casetta. La badante no. Si tira un sospiro di sollievo, per poco. I carabinieri forestali, incaricati di recapitare l'ordinanza di sfratto e i vari provvedimenti, vanno e vengono. La poverina, alla fine, va via in lacrime: «Chi mi fa questo è una bestia, ma io lo perdono», dice. La soluzione? Una sanatoria per tutti quelli che come nonna Peppina sono abusivi. Un abusivismo di necessità, mai come in questo caso il termine è corretto. Almeno 300 le abitazioni «alternative», senza permessi, in assenza di quelle promesse. Tanto che si parla di una sanatoria per tutti. Un «condono di necessità».

Per il governo.

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