Vaticano

Un Conclave sempre meno italiano

Il Papa nomina 21 nuovi cardinali. Il primo rettore dei Salesiani e i fedelissimi di Francesco

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C'è il cardinale gesuita che arriva dalla lontana Hong Kong, il frate francescano spagnolo che fa il vescovo nella piccola diocesi di Ajaccio, in Corsica, così come il Rettor Maggiore dei Salesiani, spagnolo anche lui e vecchio amico di Papa Francesco che nei prossimi mesi potrebbe esser chiamato in Curia per un delicato incarico di responsabilità. Una novità assoluta, questa, perché mai nella storia della Chiesa il superiore in carica di una congregazione religiosa era stato fatto cardinale. Ma Papa Francesco ha abituato tutti anche a questo: non ci sono schemi millenari che reggano di fronte alla sua visione di una chiesa di strada che deve stare al servizio degli ultimi.

E così anche in questo suo nono concistoro, in cui ha creato 21 nuovi cardinali (18 dei quali elettori), spiccano principalmente i nomi di vescovi che danno voce agli ultimi del mondo, pastori di diocesi sperdute o di chiese dimenticate che ricevono una carezza da parte del Pontefice. Mentre rimangono senza cardinale grandi diocesi come Parigi, Milano, Sidney o Buenos Aires, emergono altre Chiese come quella della Terra Santa ad esempio: un'altra novità è la creazione a cardinale del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il francescano Pierbattista Pizzaballa, uno dei sedici italiani elettori che potranno entrare in un ipotetico futuro conclave. Secondo le nuove statistiche elaborate dalla Sala Stampa Vaticana, infatti, uno dei dati più particolari che emerge è quello che riguarda l'Italia: il numero dei votanti è stato notevolmente ridotto, basti pensare che nel conclave del 2013 gli italiani elettori erano ventotto. Quello dei cardinali originari dall'Italia rimane comunque il gruppo più numeroso, seguito dagli statunitensi e dagli spagnoli che raccolgono porpore ormai ad ogni concistoro (in questa occasione sono tre).

È chiaro che Francesco, anno dopo anno, sta ridisegnando la mappa del collegio cardinalizio: sono novantanove su centotrentasette i cardinali elettori da lui creati, un numero record se si pensa che il limite fissato da Paolo VI per i votanti è di centoventi e che con questo nuovo concistoro il tetto è stato superato di diciassette unità. «Siate evangelizzatori, non funzionari», ha chiesto il Papa nell'omelia pronunciata ieri mattina in piazza San Pietro davanti ai nuovi porporati, «il collegio cardinalizio sia come un'orchestra sinfonica» dove si ascoltano più voci, perché «se uno ascoltasse solo se stesso, per quanto sublime possa essere il suo suono, non gioverà alla sinfonia, e lo stesso avverrebbe se una sezione dell'orchestra non ascoltasse le altre, ma suonasse come se fosse da sola, come se fosse il tutto». Parole che invitano al dialogo e all'ascolto soprattutto in vista del prossimo Sinodo sulla sinodalità che si aprirà il prossimo 4 ottobre in Vaticano e che chiamerà a raccolta vescovi e laici (uomini e donne) da tutto il mondo per discutere su temi caldi come il diaconato femminile, il celibato sacerdotale, l'accoglienza della comunità lgbtq.

Tra i padri sinodali, che da oggi parteciperanno per tre giorni a un ritiro spirituale, anche alcuni dei nuovi cardinali creati da Papa Francesco. Non soltanto vescovi delle periferie ma anche uomini chiave del governo della Curia Romana: tra i porporati creati ieri mattina c'è, ad esempio, il frate agostiniano Robert Prevost, nuovo prefetto del Dicastero per i Vescovi, religioso di origini statunitensi che si occupa delle nomine dei nuovi pastori e che arriva da un Paese, gli Usa, dove l'episcopato è a maggioranza critico verso Bergoglio.

E c'è anche il teologo Victor Manuel Fernandez, argentino e stretto collaboratore di Bergoglio sin dai primi del Duemila e che il Papa ha voluto chiamare in Vaticano come nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede.

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