Cronache

Il condannato resta in cella perché il pacco pesa troppo

Il ministero si dimentica di rinnovare la convenzione con le Poste. E il plico da 3 chili con il ricorso in Cassazione parte in ritardo

Il condannato resta in cella perché il pacco pesa troppo

Il ricorso in Cassazione? Spedito in ritardo e a spese dei cancellieri: il ministero s'è scordato di rinnovare la convenzione con le Poste. Intanto il condannato resta in carcere.Potrebbe accadere a chiunque. Intanto è capitato a Renato Chisso. L'ex assessore della Regione Veneto, che ha patteggiato una pena a 2 anni e 6 mesi di reclusione nell'ambito dell'inchiesta sul Mose, è tornato dietro le sbarre a dicembre per la sua pericolosità sociale, insita secondo il Tribunale di Sorveglianza - nel continuare a non voler aprire bocca sulla sorte delle mazzette intascate dal consorzio Venezia Nuova negli anni in cui ricopriva l'incarico di assessore regionale alle infrastrutture. Contro quel provvedimento, datato 23 novembre, nel giro di tre giorni i legali del politico veneto avevano depositato ricorso in Cassazione.

Ma alla volta del Palazzaccio il voluminoso plico è stato spedito solo qualche giorno fa, a spese dei dipendenti del Tribunale. Ora: che si metta mano al portafogli per sopperire alle negligenze di qualche ministero non fa più notizia. Neppure quando ciò avviene nel settore giudiziario: a Prato gli iscritti alla Camera Penale si tassano per consentire alle cancellerie di poter avere carta e inchiostro per stampante. A Rimini, in primavera, erano stati i giudici a chiedere aiuto agli avvocati, pur di dotare gli ingressi di Palazzo di Giustizia di un metal detector, mentre qualche anno fa a Luino gli avvocati avevano addirittura finanziato l'arredamento delle aule di udienza. Ma a Venezia il limite dell'indecenza di Stato ha conosciuto nuovi abissi.L'antefatto: in caso di ricorso alla Suprema Corte, il codice prescrive che i difensori del ricorrente provvedano al deposito dell'atto e dei suoi allegati nella Cancelleria del Tribunale competente, affidando a quest'ultima il compito dell'inoltro.

Ma il 1° dicembre il dicastero di via Arenula ha tralasciato di siglare il rinnovo della convenzione (in scadenza) con Poste Italiane per la spedizione di plichi di peso superiore ai due chili. Così, quando s'è trattato di prendere in carico il ricorso da quasi 3 chili di Chisso, gli addetti allo sportello per tre volte di fila si sono rifiutati di accettarlo. E non potendo provvedere da sé la difesa, il pacco è rimasto fermo. Fino a quando i dipendenti del Tribunale di Sorveglianza non hanno deciso di accollarsi le spese di spedizione. «Nel silenzio degli uffici ministeriali, i funzionari hanno provveduto di tasca propria», ha scritto in una lettera aperta la direttrice amministrativa del presidio giudiziario, Piera Dalla Zuanna, anticipando che «la colletta verrà ripetuta qualora si verificasse l'esigenza di un'altra spedizione, sperando che nel frattempo vengano chiarite dal ministero nuove modalità operative». Chisso, però, in attesa che la Cassazione possa valutare le sue ragioni, è sempre in cella. «Il ritardo è evidente. Mi chiedo però come mai dopo il primo stop ce ne siano voluti altri due per risolvere la situazione», si chiede il suo avvocato, Antonio Forza. Difficilmente arriveranno risposte dal guardasigilli Orlando.

Non per posta, almeno: al ministero, probabilmente, saranno finiti pure i francobolli.

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