Il tuo gatto? Te lo mostro subito». E inviava via Whatsapp la foto di un micino ucciso. A qualcuno spiegava anche come cucinarlo: «Per una teglia ce ne vogliono due grandi o dodici piccoli». È stato condannato ieri in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione a seguito di cinque denunce M.F., un quarantatreenne di Trescore Balneario, in provincia di Bergamo, che non si limitava a torturare e uccidere i mici che avevano la sventura di finire tra le sue grinfie, ma aveva trasformato questa orribile attività in una pratica di sadica persecuzione ai danni di chi gli animaletti glieli aveva affidati fiducioso.
Per l'uomo il pm aveva chiesto una pena di un anno e quattro mesi per maltrattamento e uccisione di animali, ma la giudice Antonella Bertoja ci è andata con mano molto più pesante, riconoscendo all'uomo la recidiva specifica, che permette di aumentare la pena, e nella condanna è andata ben oltre la richiesta del pubblico ministero. L'uomo dovrà inoltre pagare le spese processuali e versare un risarcimento di 5mila euro per ognuna delle parti civili: Enpa, Diritti Animali e Ugda. Inoltre a pena espiata dovrà subire anche due anni di libertà vigilata.
Una sentenza in qualche modo rivoluzionaria, che potrebbe fare scuola. «Si tratta di una delle condanne più severe mai inflitte nel nostro Paese per il reato di maltrattamento e uccisione di animali», commenta Claudia Ricci, avvocato dell'Enpa. «Da Bergamo viene lanciato un segnale importantissimo e sono convinta che questa sentenza abbia tutte le carte in regola per fare giurisprudenza», aggiunge Carla Rocchi, presidente nazionale dell'Enpa.
L'uomo aveva fatto della faccenda una vera ossessione. Dragava con attenzione i siti di annunci in cerca di quelli in cui venivano offerti gattini in adozione da parte di chi aveva una mamma che aveva appena sfornato una cucciolata. L'uomo si mostrava gentile e premuroso, convinceva il gattofilo ad affidarglielo e finita così. Almeno per chi il gatto lo salutava. Ma per l'uomo il divertimento era appena all'inizio. Dopo qualche giorno ricontattava il «donatore» di gatto con un pretesto, e quando questi, in genere una donna, gli chiedeva notizie del felino lui rispondeva con immagini orribili di sevizie e uccisioni, a volte accompagnate da frasi irridenti come: «Olè, il tuo gatto è morto». Frasi e immagini talmente forti da spingere il giudice a chiedere all'avvocato dell'Enpa a non chiedere ai testi troppi particolari sulle torture.
Una delle vittime aveva anche sporto denuncia contro M.F.
perché l'uomo le inviava continui messaggi, fino a quindici in un minuto. Per questo era stato già condannato a due anni per stalking. Una perizia psichiatrica aveva riconosciuto l'uomo capace di intendere ma non di volere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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