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Confermato: la Lega deve dare 49 milioni. L'ira di Salvini: "Non mi occupo di soldi"

Il segretario: parlate con gli avvocati. Ridotte le pene a Bossi e Belsito

Confermato: la Lega deve dare 49 milioni. L'ira di Salvini: "Non mi occupo di soldi"

Roma - La controversa questione dei 49 milioni di fondi pubblici sequestrati alla Lega torna d'attualità. La Corte d'appello di Genova, infatti, ieri ha condannato Umberto Bossi a 1 anno e 10 mesi di reclusione e l'ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, a 3 anni e 9 mesi, nell'ambito del processo per la maxi truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali, riducendo la pena a entrambi. Nel processo erano coinvolti anche tre revisori dei conti, Antonio Turci e Diego Sanavio, che sono stati condannati a 8 mesi e Stefano Aldovisi, che è stato condannato a 4 mesi.

I giudici hanno confermato la confisca dell'intera somma a carico del partito, motivo per cui proseguirà la rateizzazione (il Carroccio paga 100mila euro ogni due mesi). La procedura era stata concordata a settembre fra i pm e l'attuale cassiere, il deputato Giulio Centemero, dopo che la Cassazione aveva dato via libera ai sequestri preventivi. La sentenza ha ridotto in maniera significativa le pene per i revisori dei conti. Aldovisi, in particolare, è il contabile che nel dicembre 2017 presentò un dettagliato esposto alla Procura, nel quale adombrava il sospetto che non tutti i 49 milioni fossero stati spesi, ma una parte messa al riparo dai sequestri.

Nella Lega Salvini - che raccontano essere molto arrabbiato per la sentenza - evita di entrare nel merito e si tiene a distanza dalla vicenda, impegnato prima a presidiare l'aula e i lavori del dl Sicurezza, poi nel vertice di maggioranza. «Non mi occupo di soldi e di processi, mi occupo di fare il ministro dell'Interno. Chiedetelo agli avvocati». Parla, invece, il sottosegretario Edoardo Rixi: «Le sentenze si prendono per quello che sono. Noi andiamo avanti come siamo andati avanti finora e se possibile fare ricorso lo faremo». Chi accende una miccia polemica è Stefano Stefani, tesoriere della Lega durante la segreteria Maroni e successore di Francesco Belsito. Parlando con The Post Internazionale rivela che parte dei 40 milioni rimasti in cassa dopo le dimissioni di Bossi frutto, almeno parzialmente, dei rimborsi elettorali nel mirino della magistratura sarebbero stati spesi con eccessiva leggerezza. «Feci presente più volte a Maroni e Salvini, sia in pubblico che in privato, che si stava spendendo troppo e troppo in fretta dice Stefani -. Mi fu detto che non potevamo fare altrimenti, perché in quel momento eravamo sotto schiaffo».

La Lega comunque fa le sue contromosse, per il momento solo in via cautelativa. Se nel dicembre dello scorso anno il Carroccio aveva provveduto a modificare il proprio statuto cambiando il nome del movimento in «Lega per Salvini premier», ora arriva la notizia di un nuovo intervento sulla propria «carta d'identità». Il 22 novembre scorso, 4 giorni prima della sentenza, è stato compiuto un altro passo nella progressiva mutazione genetica del partito. Come svelano sul Foglio.it Paolo Emilio Russo e Gianluca de Filio, sulla Gazzetta ufficiale è comparsa una nuova versione dello statuto della Lega per Salvini Premier. Questa volta la vera novità è il cambio della sede legale, non più a Via delle Stelline, ma via Bellerio 41, cioè la storica sede del Carroccio.

L'inchiesta della Procura resta comunque costellata da buchi neri.

Gli inquirenti non sono ancora riusciti a trovare i famosi fondi che, secondo le loro ipotesi, sarebbero stati trasferiti all'estero, anche se gli accertamenti in particolare su un fondo fiduciario in Lussemburgo procedono da tempo.

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