Guerra in Ucraina

Confindustria non è ottimista. Pil 2022 dimezzato a +1,9%

Bonomi: "Ora necessarie le riforme, cambiare il Pnrr". Il ministro Franco non cede: "Il Piano va solo attuato"

Confindustria non è ottimista. Pil 2022 dimezzato a +1,9%

Crescita del Pil dimezzata, imprese con gravi problemi di continuità produttiva a causa del caro-energia, Pnrr da rivedere e, soprattutto, riforme ineludibili da attuare. È quanto emerge dal Rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria (CsC). La stima sull'incremento del prodotto interno lordo 2022 è stata ridotta dal +4,1% di autunno al +1,9%. L'impatto del conflitto tra Russia e Ucraina porta con sé un altro effetto pesante: una bolletta energetica da 68 miliardi su base annua per le imprese rispetto ai 51 miliardi stimati solo poco mesi fa. Numeri che potrebbero anche peggiorare, avverte Confindustria, se il conflitto andasse avanti oltre luglio prossimo. Ecco perché i primi due trimestri del 2022 saranno caratterizzati da «una «recessione tecnica» con un calo del Pil rispettivamente dello 0,2% e dello 0,5 per cento.

L'inflazione resterà sui valori attuali per gran parte del 2022 e in media si assesterà al +6,1%, spiega il CsC, «con una revisione al rialzo di +4,7 punti dallo scenario di ottobre». I consumi delle famiglie, pertanto, cresceranno solo dell'1,7% quest'anno rispetto al 5,1% del 2021. Ma il dato più preoccupante emerge dal sondaggio flash effettuato su 1.980 imprese Confindustria anticipato dal presidente Bonomi qualche giorno fa. Il 16,4% ha già ridotto la produzione e delle restanti i due terzi stimano di prendere analoghe contromisure nell'arco di un anno. Ne consegue che 7 imprese su 10 pensano di subire un forte impatto dal conflitto e dal caro materie prime. La contromisura che quasi tutte le aziende (87%) contano di prendere è «la revisione dei prezzi di vendita». Insomma, l'inflazione alla produzione sta per scaricarsi completamente sui prezzi al consumo o in termini di perdita di posti di lavoro (+190mila i nuovi occupati a fine 2023 rispetto al periodo pre-Covid).

Il presidente Confindustria, Carlo Bonomi, commentando il Rapporto. «Abbiamo bisogno di un periodo di riformismo competitivo, cioè di fare quelle riforme che da trent'anni il Paese aspetta», ha dichiarato incalzando il governo a una revisione del Pnrr. «Faccio fatica a capire se oggi sono più importanti 52 chilometri di piste ciclabili o forse realizzare quegli impianti di rigassificazione di cui abbiamo bisogno e che possono portare sollievo alle bollette energetiche di imprese e famiglie», ha aggiunto Bonomi. Sul fronte energetico, infatti, Confindustria non demorde, sollecitando «una risposta rapida e strutturale: un tetto al prezzo del gas». Non un calmiere ma una misura basata sulla «precisa ricognizione dei prezzi applicati ai contratti vigenti per gli importatori». Il taglio temporaneo delle accise, ha rimarcato Bonomi, «fa solo pensare che il ministero dell'Economia non intenda rinunciare strutturalmente a nulla di un prelievo così» ingente.

Ed è il tema fiscale a segnare un'altra spaccatura con Palazzo Chigi. «Nella delega devono finalmente e assolutamente comparire tagli strutturali e significativi al cuneo contributivo: tutte misure non finanziate con debito pubblico aggiuntivo, ma con interventi seri nell'enorme aggregato dei 900 miliardi di spesa dello Stato», ha evidenziato ribadendo che «non è il salario minimo che risolverà i problemi». E al ministro del Lavoro Orlando, che ne è un fautore, saranno fischiate le orecchie.

L'onere della risposta è toccato, però, al ministro dell'Economia, Daniele Franco, che al Workshop Ambrosetti di Cernobbio ha ripetuto che nel Def ci sarà «una previsione cauta sul Pil, perché c'è grandissima incertezza». Analogamente, gli interventi per contenere i costi delle bollette «soprattutto sul lato impresa andranno continuati e ulteriori interventi sono senz'altro possibili», ha proseguito. Ma il Pnrr resta un punto fermo.

«Bisogna proseguire e attuarlo, attuarlo, attuarlo perché ricominciando daccapo il rischio sarebbe di bloccare tutto», ha concluso.

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