Senza «coperture credibili» le misure del contratto di governo potrebbero «portare a più tasse in futuro e ad aumentare il tasso di risparmio già oggi». Il Centro studi di Confindustria (Csc) ha bocciato i prodromi della «manovra del popolo» sebbene la volontà del presidente Boccia non sia quella di rompere con l'esecutivo ma piuttosto di indurlo a un cambiamento di rotta. Speranza vanificata dalle dichiarazioni rese ieri sera dai due vicepremier in conferenza stampa.
Si può considerare Viale dell'Astronomia come iscritta di diritto alle «Cassandre» antipatriottiche che Salvini e Di Maio quotidianamente prendono di mira? La risposta è negativa perché il direttore del Csc, Andrea Montanino, ha argomentato la natura di quegli interrogativi che ancora ieri sera restavano insoluti. Per gli economisti di Confindustria, infatti, «l'aumento del deficit è poca cosa rispetto agli impegni politici assunti: se le coperture non saranno ben definite si rischia ex post un rapporto deficit/Pil più alto». Non è necessario possedere la sfera di cristallo per comprendere l'evoluzione della finanza pubblica. «L'aumento del deficit serve per avviare parti del contratto di governo di sostegno al welfare», come reddito di cittadinanza o superamento della Fornero, che sono poi «molto difficili da cancellare se non in situazioni emergenziali». Questa situazione «potrebbe portare a più tasse in futuro e ad aumentare il tasso di risparmio già oggi». D'altronde, proprio l'Istat nel presentare i conti economici trimestrali aveva evidenziato come nel periodo marzo-giugno 2018 a fronte di un incremento del Pil dell'1,3% i consumi siano cresciuti solo dello 0,1% anche in virtù dell'incertezza politica che ha caratterizzato il periodo post-elettorale. Il reddito di cittadinanza? «Si rischia di disincentivare il lavoro dipendente e aumentare il ricorso al lavoro nero».
Bisogna «avviare la riforma fiscale per imprese e famiglie», per correggere un sistema che «presenta molte criticità», ha rilevato il Csc rimarcando che «l'introduzione di una flat tax potrebbe semplificare l'imposta, ridurre i costi di adempimento, far aumentare la compliance e sarebbe più razionale» sebbene sia «improbabile che il passaggio ad una quasi flat tax si autofinanzi con i proventi della maggiore crescita indotta». Ecco perché sarebbe necessario avviare una «seria spending review». Allo stesso modo, il Csc ha chiesto «un piano per le infrastrutture» e nessun arretramento sulle misure che hanno avuto effetti positivi sull'economia reale, cioè una proroga degli incentivi «Industria 4.0». Infine il monito sulla Fornero. Non si devono smontare le riforme pensionistiche perché «ciò renderebbe necessario aumentare il prelievo contributivo sul lavoro». Il Csc ha anche abbassato di due decimi di punto percentuale le stime di crescita del Pil italiano «all'1,1% nel 2018 e allo 0,9% nel 2019» senza però incorporare gli effetti delle misure previste dal governo.
Boccia, però, non ha cercato lo scontro evidenziando quali siano le riserve degli imprenditori. «Il problema non è se il governo sfonda di un punto o meno ma che lo sforamento comporti la crescita dell'economia», ha spiegato ricordando che l'incremento del Pil «comporta una riduzione del debito e riflessi sull'economia reale», tuttavia è chiaro che «se aumenta lo spread, lo pagano le famiglie, le imprese e lo stesso Stato italiano». Idem per la revisione della Fornero.
«Non è automatico che se si esce a quota 100 entrano dei giovani» perché non è automatico «trovare profili professionali al pari di chi esce».«Il governo non torna indietro: chi si illude, come il Centro studi di Confindustria, sappia che si sta facendo una cattiva idea», ha replicato a stretto giro il vicepremier Luigi Di Maio ignorando il caveat.
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