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Confindustria sbugiarda Conte "Il Covid brucia 23 anni di Pil"

Persi 410mila posti di lavoro, Bonomi: "Ora moratoria su Sugar e Plastic tax". Gualtieri apre: "Ci penseremo"

Confindustria sbugiarda Conte "Il Covid brucia 23 anni di Pil"

Ripresa difficile, sempre che le cattive notizie sul fronte sanitario non si traducano in una nuova frenata dell'economia. E allora sarà anche peggio. La pandemia ha già lasciato il segno con una perdita di occupati senza precedenti, appena attenuata dal ricorso agli ammortizzatori sociali.

Il Centro studi di Confindustria dipinge un quadro per nulla confortante, in linea con l'allarme di Fitch e più pessimista rispetto a quello delineato dal governo con la Nadef. Il Pil italiano calerà del 10% nel 2020 (-9% il governo), con un recupero solo parziale nel 2021: +4,8% contro il 6% previsto dall'esecutivo Conte, 5,1% a legislazione vigente quindi senza Recovery. Una recessione che riporta l'economia ai livelli di 23 anni fa.

I fondi europei sono da pesare, ma restano fondamentali per gli industriali. «Se si riusciranno a utilizzare in modo appropriato le risorse e a potenziarne l'effetto, portando avanti riforme troppo a lungo rimaste ferme, allora si sarà imboccata la strada giusta per risalire la china. Altrimenti l'Italia rimarrà un Paese in declino», si legge nel Rapporto del Centro studi di viale dell'Astronomia intitolato «Un cambio di paradigma per l'economia italiana: gli scenari di politica economica».

Altra incognita, la pandemia. «L'aumento recente dei nuovi contagi è fonte di incertezza e spiega la debolezza attesa per l'economia del quarto trimestre. Il recupero del Pil dovrebbe riprendere in modo graduale da inizio 2021, a condizione che la diffusione del Covid sia contenuta in modo efficace». Sul fronte dell'occupazione gli economisti della confederazione spiegano che nel 2020 «la maggior parte dell'aggiustamento» è avvenuto «attraverso un calo di ore lavorate pro-capite con un taglio del 13,5%». Ferie, congedi e soprattutto «ricorso massiccio e repentino a strumenti di integrazione al reddito da lavoro, in primis la Cig», che ha reso possibile un calo dell'occupazione limitato.

Ma il bilancio complessivo è pesantissimo: «Dato il livello del Pil ancora compresso nel 2020 il numero di occupati registrerà un -1,8% pari a 410mila persone occupate in meno». Aspetto ancora più preoccupante, l'occupazione non seguirà neppure il mini rimbalzo atteso per il Pil nel 2021: «La risalita della domanda di lavoro risulterà smorzata e il numero di occupati si aggiusterà verso il basso con un calo di 230mila persone»

Il governo mantiene però la linea ottimistica. Il responsabile del Mef, Roberto Gualtieri ha assicurato che quel -9% previsto dalla Nadef potrebbe addirittura «essere rivisto in meglio», perché segnali incoraggianti arriverebbero dalle previsioni del prossimo trimestre. A dividere il governo e Confindustria è proprio la stima del quarto trimestre.

Ma il terreno di scontro con gli industriali, più che le previsioni macroeconomiche, è ancora una volta il fisco.

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ieri è tornato all'attacco sulle tasse varate dal governo. «Senza una fiducia, senza una strada chiara diventa difficile per le imprese capire la direzione di dove si sta andando: Sugar tax e Plastic tax sono leggi che ci fanno venire meno questa fiducia. Serve infatti per questi provvedimenti una moratoria al primo luglio prossimo. Questo mi chiedono gli imprenditori e questo potrebbe servire per rasserenare gli animi», ha spiegato Bonomi, rivolgendosi direttamente al ministro nel corso della presentazione del rapporto del Csc.

A sorpresa, il ministro dell'Economia non ha chiuso la porta: «Ho ascoltato le osservazioni del presidente Bonomi, rifletteremo, come abbiamo fatto sempre con le osservazioni che ci arrivano». Il problema è che al momento le ecotasse sono l'unica voce in entrata della legge di Bilancio, ancora da scrivere.

Una moratoria potrebbe però servire al governo per mettere a punto le due tasse, superando i problemi di compatibilità con le imposte sulla plastica dell'Europa. Meno penalizzanti, ma con un gettito che finisce nelle casse di Bruxelles.

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