
Apple, leader tecnologico globale e marchio tra i più noti al mondo, è anche l'azienda più importante per comprendere la guerra commerciale e per cogliere la sua trama più profonda. Nella prospettiva della Cina e degli Stati Uniti, ovviamente, ma anche coinvolgendo Taiwan e l'India.
Nel mio libro del 2022, Il dominio del XXI secolo, per descrivere la guerra invisibile tra Pechino e Washington che vede al centro la filiera fondamentale della vita digitale, l'industria dei semiconduttori, mi sono soffermato su un momento decisivo dell'inizio del nostro secolo: la scelta di Apple di affidarsi alla taiwanese TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) per la produzione dei suoi chip. Oltre 15 anni fa, il fondatore di Foxconn, Terry Gou, si presentò a cena a Taipei dal fondatore di TSMC, il suo amico Morris Chang, per organizzare un incontro col braccio destro di Tim Cook e capo delle operazioni di Apple, Jeff Williams. I volumi richiesti dall'azienda di Cupertino necessitavano di investimenti giganteschi, e Apple decise di affidarsi quasi completamente a TSMC. TSMC cambiò la sua identità per affrontare questa scommessa, investendo 9 miliardi di dollari e mobilitando subito seimila persone per una nuova fabbrica a Tainan, una delle principali città taiwanesi. TSMC riuscì pienamente nell'obiettivo, sia nei tempi che nella qualità, e dal 2014 consegnò i chip ad Apple, avviando una partnership fondamentale per la sua leadership di mercato rispetto a Intel. Così, il successo dell'iPhone ha dato forma a quello che ho chiamato il triangolo impossibile tra Stati Uniti, Cina e Taiwan. Affinché ci siano centinaia di milioni di iPhone, servono le capacità di progettazione e i capitali di Apple negli Stati Uniti, naturalmente, ma serve anche la leadership produttiva di TSMC, come abbiamo visto. Non solo: assume un ruolo centrale la Repubblica Popolare Cinese, perché l'iPhone viene assemblato dalla taiwanese Foxconn in Cina, e ciò costituisce una dipendenza molto significativa.
Il nuovo libro del giornalista del Financial Times Patrick McGee, Apple in China, spiega questo punto nel dettaglio, attraverso dati impressionanti che consentono di contestualizzare il video virale (e rilanciato ovviamente da account cinesi) di Tim Cook del 2017, in cui il capo di Apple spiega che la Cina è fondamentale per Apple non tanto per il costo del lavoro ma per la qualità dell'ecosistema e delle competenze.
La storia della produzione di Apple in Cina è la storia dell'ascesa cinese come superpotenza manifatturiera globale. McGee ricorda tra l'altro che Apple dice di aver formato 28 milioni di lavoratori in Cina dal 2008, una cifra superiore alla forza lavoro della California. L'investimento non riguarda lo l'assemblaggio, ma anche lo sviluppo di competenze avanzate in materiali, processi produttivi complessi, e la gestione di una logistica su scala impressionante. Solo Foxconn riesce a tradurre le intuizioni di design di Steve Jobs e Jony Ive nella realtà dei fatti della produzione, con effetti dirompenti sulle capacità cinesi. Secondo un'analisi di Nikkei Asia, per cui lavorano le più brave reporter al mondo sulla geografia delle supply chain, la Cina ha rappresentato oltre il 95% della produzione globale dell'iPhone dal suo lancio. McGee parla di questa dipendenza come di un vero e proprio tallone d'Achille di Apple, che diviene una vulnerabilità crescente nel corso della guerra tecnologica tra Pechino e Washington. È un tema politico enorme.
Il 20 maggio 2021, quattro membri del Congresso scrissero a Tim Cook invitandolo a riconsiderare i rapporti con la Cina, parlando del rischio crescente di una quasi completa capitolazione verso il regime comunista. A dicembre 2021, The Information scrive della firma da parte di Cook un memorandum of understanding coi dirigenti comunisti in cui Apple si è impegnata, con i propri investimenti, ad aiutare lo sviluppo di tecnologie avanzate, fornitori e talenti in Cina, per un valore stimato di oltre 275 miliardi di dollari. Secondo McGee, Apple ha realizzato un Super Piano Marshall per la Cina. A inizio 2022, l'allora senatore Marco Rubio (oggi Segretario di Stato) scrisse a Cook intimandogli di non acquistare semiconduttori da YMTC, un'azienda di Wuhan su cui Pechino puntava molto per crescere nel mercato delle memorie. È essenziale comprendere che la Cina non è solo un bacino di forza lavoro ma è ormai un formidabile ecosistema di elettronica dove sono cresciuti negli ultimi anni veri e propri giganti della filiera come BOE Technology Group e Luxshare. Palmer Luckey di Anduril, importante personalità tra le aziende tecnologiche che sostengono Trump, ha spesso criticato con veemenza Apple per la dipendenza cinese.
Cosa sta accadendo ora? Apple spinge sempre più i suoi fornitori a trasferire la produzione che serve il mercato statunitense, con l'India e il Vietnam in prima linea. La promessa di Apple, tutta da verificare, ora è rifornire il mercato statunitense solo attraverso la produzione indiana, mentre per gli altri continuerà a usare la produzione cinese. La transizione è comunque difficile. L'ecosistema indiano non è paragonabile a quello cinese e non lo sarà per alcuni anni. Alcuni attori della filiera che Apple sta cercando di spostare verso l'India saranno proprio cinesi: quindi vedremo più aziende cinesi lavorare per Apple in India. Inoltre, le autorità cinesi cercano e cercheranno di rallentare tutto, utilizzando a questo scopo i controlli sulle esportazioni. Lo stesso McGee osserva che, nonostante la percezione che Apple si stia muovendo rapidamente e nonostante il susseguirsi di annunci roboanti su Made in India o Made in USA, la velocità delle operazioni indiane rimane molto inferiore alla corsa epocale che ha compiuto l'azienda di Cupertino in Cina. Apple ha promesso poi imponenti investimenti negli Stati Uniti, per dare soddisfazione a Trump, ma Washington non può fare una guerra commerciale a tutto il mondo. Gli Stati Uniti non riusciranno mai ad avere e formare una forza lavoro in grado di replicare gli ecosistemi e le filiere della Cina, in questa fase storica.
L'unica guerra commerciale e industriale con gli Stati Uniti può essere quella con la Cina, ma potrà essere combattuta e vinta solo attraverso gli altri attori dell'Asia che si sono già inseriti nella filiera di Apple, come appunto India, Taiwan, Vietnam. È questo processo che il Partito Comunista Cinese continuerà a guardare con attenzione e relativa preoccupazione, mentre i video di Tim Cook che elogia la Cina continueranno a girare su X e TikTok.
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