Non sarà una manovra di guerra, certo. Ma il fatto che le due lunghe riunioni di maggioranza che si sono susseguite mercoledì sera a Palazzo Chigi siano state dominate dalla crisi in Medio Oriente la dice lunga su quale sia la principale preoccupazione del governo. Il sostegno ad Israele è e resterà incondizionato, ma il timore è che la reazione di Tel Aviv (in particolare con l'annunciata operazione di terra a Gaza) possa portare a un'ulteriore inasprimento del conflitto. Magari con il coinvolgimento di altri Paesi (ieri diversi raid aerei israeliani hanno colpito depositi di armi iraniane nei pressi degli aeroporti siriani di Aleppo e Damasco) e facendo ripiombare l'Europa in una nuova stagione del terrorismo come quella del 2015-2017. Tutte considerazioni che Giorgia Meloni ha fatto con i suoi interlocutori nel corso dei due vertici, spiegando che la diplomazia internazionale - a partire da Washington - si sta adoperando per provare a favorire una de-escalation. Ed è anche in questa direzione che vanno le trattative in corso in queste ore sugli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e sull'apertura di corridoi umanitari. Una partita complicatissima e che deve fare i conti con la legittima volontà di Israele di reagire duramente a un attacco terroristico senza precedenti.
Insomma, solo i prossimi giorni diranno se e come la crisi mediorientale impatterà sull'Europa. Non solo sotto il profilo della sicurezza, ma anche dal punto di vista economico. Dopo il Covid e l'aggressione della Russia all'Ucraina, l'Italia - come il resto dell'Ue - non è infatti preparata ad un altro shock energetico. Che con l'instabilità del Medio Oriente e le complesse relazioni tra i Paesi arabi non è più un'ipotesi solo di scuola. Non è un caso che, nel corso delle due riunioni a Chigi, Meloni ribadisca che i prezzi di petrolio e gas sono destinati ad aumentare, con il rischio di un altro caro-bollette. Tutte ragioni che spingono la premier a blindare la manovra, che vorrebbe approvata con tempi record e senza emendamenti che non abbiano copertura certa. La road map ipotizzata con Giancarlo Giorgetti (accolto dalla premier con la solita battuta «è arrivato il ministro dell'Economia che ancor prima di sedersi dirà che siamo tutti morti») prevede l'avvio dell'iter in Senato tra il 26 e i 27 ottobre e prima di Natale l'approvazione definitiva alla Camera.
L'altro fronte che preoccupa è quello della sicurezza.
Il messaggio da dare all'esterno - come è giusto che sia - è che «non c'è nulla alle porte» (così il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi). Ma è ovvio che se si aprisse una nuova stagione come quella del 2015 il quadro cambierebbe. Anche per questo la manovra non dovrebbe lesinare fondi alla Difesa e alle forze dell'ordine.
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