Congedo di "paternità" alle madri gay

La Consulta: anche la "mamma intenzionale" ha diritto ai 10 giorni di stop dal lavoro

Congedo di "paternità" alle madri gay
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La Corte costituzionale dichiara illegittima la parte di legge che non riconosce il diritto di una lavoratrice, genitore "intenzionale" in una coppia di donne, di ottenere 10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100%. Padre o madre non fa differenza, dicono i giudici della Consulta, basta che siano regolarmente iscritti come genitori nei registri dello stato civile.

La cosa che stride è quel termine, ormai si può dire, antiquato: congedo di "paternità" riconosciuto alla madre compagna di quella che ha messo al mondo il bambino, con la riproduzione assistita.

La sentenza numero 115, depositata ieri, non è che uno degli effetti a cascata del riconoscimento dei due genitori delle cosiddette famiglie arcobaleno. Mette nero su bianco che è "manifestamente irragionevole la disparità di trattamento" tra coppie composte da persone di sesso diverso e coppie composte da due donne, "riconosciute come genitori di un minore legittimamente attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita svolte all'estero".

Anche se la nostra legge vieta la maternità surrogata e le due sono andate in un Paese che la consente, per far nascere il bebè, quest'ultimo in Italia non può essere discriminato e avrà due madri o due papà, con gli stessi diritti di quelli eterosessuali.

Sono sentenze che svuotano la dichiarazione di "reato universale" della legge del 2024, che intendeva mettere un freno al mercato dell'utero in affitto all'estero, prevedendo conseguenze legali per gli italiani che usano la pratica negli Stati dov'è consentita.

Già nel 2019 la Consulta ha riconosciuto i genitori omosessuali, nel 2023 ha superato ogni distinzione tra coppie di fatto e coppie sposate, applicando la Convenzione europea sulla "famiglia estesa", a maggio scorso ha ammesso la reversibilità della pensione nelle coppie gay e ora supera la distinzione tra i sessi dei genitori anche in campo lavorativo.

Il principio che i diritti dei bambini vanno oltre le scelte dei genitori e che non possono comunque essere negati porta alla risposta alla questione sollevata dalla Corte d'Appello di Brescia: è discriminatorio, sosteneva, che soltanto il padre possa fruire del congedo di paternità obbligatorio, escludendo dal beneficio la "seconda madre".

Le due donne in questione, osserva ora l'Alta Corte, condividendo un progetto di genitorialità hanno assunto tutti i doveri verso il minore di una coppia eterosessuale.

Le reazioni del mondo politico sono di giubilo nelle opposizioni, dal Pd al M5S, mentre tace il centrodestra e l'unica dichiarazione contraria viene dalla onlus Pro Vita & Famiglia.

Per Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria del Pd, questa "vittoria storica" è anche "uno schiaffo importante per il governo Meloni, che da quando si è insediato ha condotto una vera e propria crociata contro le famiglie arcobaleno".

Fa eco Alessandra Maiorino, vicecapogruppo M5S al Senato, secondo cui la Consulta ha finalmente sancito che "i diritti non possono avere sesso né pregiudizi". La sentenza, aggiunge, "smonta l'ipocrisia legislativa che continua a fare finta che esista solo un modello di famiglia astratto", quello tradizionale.

Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita &

Famiglia Onlus, la pensa all'opposto, per lui la sentenza è "la chiara ed evidente dimostrazione di quanto ridicolo e allo stesso tempo drammatico sia l'impatto delle follie Gender sull'ordinamento giuridico e sociale italiano".

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