"Congresso", "Incomprensibile". D'Alema fa scattare la rissa nel Pd

Le parole di D'Alema innescano il caos nel Partito democratico. Marcucci chiede il congresso, ma scatta l'ira dei lettiani: "No a tic autoreferenziale"

Il segretario del Pd Enrico Letta
Il segretario del Pd Enrico Letta

La sinistra continua a tirarsi la zappa sui piedi e rischia di affossarsi in vista della cruciale partita per il Quirinale. A innescare un clima incandescente in casa Partito democratico è stata la netta presa di posizione di Massimo D'Alema, che ha usato parole dure nei confronti della galassia dem guidata allora da Matteo Renzi. Dichiarazioni a cui sono seguite le reazioni più variegate, una polveriera di scontri a distanza dettata da strascichi che hanno finito per destabilizzare l'ambiente. E in tutto ciò c'è chi teme che la situazione possa condizionare negativamente il ruolo del Pd nell'elezione del prossimo presidente della Repubblica.

Pressing per il congresso

Tra le fila del Partito democratico c'è chi chiede di convocare con urgenza un congresso nazionale alla luce delle parole di D'Alema. L'ipotesi che circola nelle ultime ore, anche se accompagnate dalle cautele e dai chiarimenti del caso, è che Articolo 1 possa tornare nei dem. Una questione su cui il senatore Andrea Marcucci chiede di far esprimere i militanti qualora prendesse davvero piede: "Ora aspetto dopo l'elezione del capo dello Stato, la convocazione di un congresso. Chiedo a Enrico Letta di non assecondare questa scelta in silenzio, facciamola decidere ai nostri sostenitori, con un congresso".

La carta del congresso trova d'accordo Alessandro Alfieri, coordinatore di Base riformista, secondo cui però sarebbe necessario attendere la scadenza naturale e la soluzione delle emergenze come il Recovery Fund e la partita per il Colle. "Le considero parole che stonano con questa impostazione e che si commentano da sole", tuona il senatore Alfieri. Che reputa quella di D'Alema una caduta di stile: "Spero tragga una lezione da questo errore".

L'ira dei lettiani

La convinzione che accomuna le varie anime del Pd è che indubbiamente l'uscita di D'Alema abbia posto più di qualche ostacolo in quel difficoltoso processo tanto auspicato da Enrico Letta, ovvero quello di ampliare il più possibile le alleanze per formare un largo fronte progressista. Ma c'è chi soppesa le reazioni in modo differente. Alla fronda del congresso si oppone quella dei "pacieri", che invitano a moderare i toni per evitare pericolose fughe in avanti.

Il vicepresidente dei senatori Franco Mirabelli ha riconosciuto che le parole di D'Alema "di certo non aiutano un processo di riavvicinamento che tra l'altro era già in atto", ma allo stesso tempo ha promosso l'azione di Letta: "Il percorso che sta conducendo è quello giusto, e se siamo tutti d'accordo allora non si capisce per quale motivo dovremmo fare un congresso". Insomma, una dichiarazione infelice non basta per convocare d'urgenza il congresso.

La pensa allo stesso modo Enrico Borghi: il deputato dem non vuole immaginare una convivenza rissosa e pronta a esplodere per ogni dibattito animato che si apre nel Pd. "Non è che ogni volta che c'è un tema dobbiamo fare il congresso...", ha commentato.

E, sempre in riferimento al pressing per il congresso, ha aggiunto: "Evitiamo di cadere nel tic autoreferenziale di certa sinistra che preferisce guardare al proprio ombelico piuttosto che agli interessi del Paese".

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