Consip, i tre grandi misteri dell'inchiesta taroccata

I buchi neri: tempistica sospetta, prove non verificate dai giudici o dagli avvocati, intercettazioni a strascico

Consip, i tre grandi misteri dell'inchiesta taroccata

Esistono almeno tre punti non chiari nelle indagini che coinvolgono Alfredo Romeo e che, lui tramite, salgono su fino a babbo Renzi e a Matteo. Non solo, dunque, l'intercettazione manomessa dal capitano del Noe Giampaolo Scafarto, indagato per falso dalla Procura di Roma.

A Napoli l'immobiliarista è sotto inchiesta per concorso esterno in associazione camorristica in relazione ad alcune assunzioni da parte della «Romeo Gestioni» di soggetti legati ai clan dopo l'aggiudicazione di un appalto per le pulizie nell'ospedale Cardarelli. La contestazione del reato di mafia è il maglio che consente ai magistrati Henry John Woodcock e Celeste Carrano di mettere in campo l'artiglieria pesante. Intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, virus-spia, ricerche nei sacchetti dell'immondizia. Un armamentario investigativo che, come nota Il Fatto quotidiano in un articolo del 1° marzo scorso, è stato adoperato dall'Fbi americano per incastrare il superboss di New York Joe Bonanno. Su che cosa si poggia l'inchiesta per concorso esterno a carico di Romeo? Nelle carte a disposizione c'è poco o nulla. Non ci sono pentiti o collaboranti. Nessun padrino, cioè, che ha raccontato di aver chiuso un patto di sangue con l'avvocato con la villa a Marechiaro. Non ci sono intercettazioni compromettenti. Ci sono, anzi, le denunce che l'azienda invia in Procura per segnalare che i parenti dei camorristi fanno parte del «passaggio di cantiere», sono stati cioè ereditati dal precedente appaltatore. Paradossalmente, la Romeo è «vittima» della procedura che non prevede il licenziamento dei lavoratori.

Il primo effetto del concorso esterno è la durata dell'inchiesta che supera di gran lunga quella consentita dal codice per i reati contro la pubblica amministrazione (che è peraltro la contestazione che ha portato in carcere Romeo a Roma). Secondo i legali dell'imprenditore, i pm partenopei stanno indagando sull'azienda dal 2013-2014. Siamo quindi alla soglia dei tre anni, considerato che il filone sul concorso esterno non è ancora terminato. Ciò significa anche che le attività di ascolto ambientale di cellulari e telefoni fissi è stata prolungata secondo i canoni di un'inchiesta antimafia. Spazio, quindi, a intercettazioni a grappolo e tramite trojan. Il famigerato virus-spia usato da Woodcock una prima volta nel 2011 nel corso dell'inchiesta sulla «P4» - che ha registrato centinaia e centinaia di ore di conversazione dagli smartphone di Romeo e del suo lobbista, l'ex deputato di An Italo Bocchino. I legali dell'immobiliarista (avvocati Francesco Carotenuto, Alfredo Sorge e Gianni Vignola) hanno depositato voluminose memorie al Tribunale del riesame per contestare tempi e modalità delle attività di captazione. Soprattutto riguardo all'utilizzabilità del trojan. Una domanda: sulla base di quali elementi indiziari i pm hanno chiesto e ottenuto dai gip di volta in volta la proroga quindicinale degli ascolti?

Il capitano del Noe Scafarto è l'investigatore - a prendere per buona l'agiografia in Rete - che ha l'intuizione di scavare nei sacchetti dell'immondizia degli uffici della Romeo Gestioni nella Capitale. In un primo momento era stata accreditata la tesi che il famoso pizzino, su cui Romeo avrebbe indicato la «T» di Tiziano Renzi con il corrispettivo «30mila» euro da allungargli per agevolare i suoi rapporti con la Consip, fosse stato rinvenuto in una discarica alle porte di Roma. Impresa impossibile anche per i superman del Nucleo operativo ecologico del pm Woodcock. Si è quindi scoperto che, più banalmente, il foglietto di carta è stato «ricostruito» dai carabinieri dai brandelli recuperati nei contenitori. Era presente un avvocato della difesa in questa delicata operazione? No. Era presente un avvocato quando è stato aperto il sacchetto e ispezionato? No. Non era presente nemmeno il gip che è garante della legalità delle procedure.

La questione del terzo punto oscuro è quindi: perché la «prova regina» l'hanno maneggiata solo i carabinieri? E poi: operazioni di recupero del genere avvengono dietro un atto motivato del pm come una perquisizione e

relativo sequestro. Qui, invece, c'è solo l'estro di Scafarto. Come mai? E infine: chi dice che quella sia proprio la scrittura di Romeo? Una perizia di parte lo esclude. E chi assicura che la «T» voglia dire Tiziano Renzi?

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