La Consulta difende il vaccino ai medici

I giudici: "Un obbligo deciso in base alla scienza. E il tampone non sostituisce la dose"

Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale
Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale

La tutela della salute collettiva prevale sempre sul diritto del singolo. Un concetto non nuovo per la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di trattamenti sanitari, che i giudici hanno ribadito in tre diverse sentenze mettendo un punto definitivo su varie questioni di legittimità costituzionale sollevate da più di un Tribunale sull'obbligo vaccinale per medici e infermieri e sull'uso del tampone in alternativa alla mancata immunizzazione dei lavoratori no vax. La Consulta ha di fatto affermato la legittimità dell'obbligo, sostenendo che l'articolo 32 della Costituzione affida al legislatore il compito di bilanciare il diritto dell'individuo all'autodeterminazione rispetto alla propria salute con il coesistente diritto alla salute degli altri.

I togati hanno chiarito che aver introdotto l'obbligo per il personale sanitario durante l'emergenza Covid non è stata una decisione irragionevole o sproporzionata, ma dettata dalla scienza. In una prima sentenza viene sottolineato l'obiettivo di «prevenire la diffusione del virus, limitandone la circolazione» e di «salvaguardare la funzionalità del sistema sanitario». I dubbi di costituzionalità sollevati dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana sono stati dunque ritenuti non fondati: di fronte alla situazione epidemiologica in atto, infatti, è stata fatta una scelta tenendo conto dei dati forniti dalle autorità scientifico-sanitarie sull'efficacia e sulla sicurezza dei farmaci. Così come hanno fatto altri Paesi europei. Neppure il rischio remoto, non eliminabile, che si possano verificare eventi avversi anche gravi sulla salute del singolo, per i giudici, rende di per sé illegittima la previsione di un trattamento sanitario obbligatorio, ma costituisce semmai titolo all'indennizzo. Quanto alla censura di contraddittorietà di una disciplina che impone il consenso a fronte di un obbligo, la Corte ha rilevato che il singolo può sempre scegliere se adempiere o sottrarsi all'obbligo, «assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge». Stessi concetti per ancorare un'altra sentenza, che risponde alle questioni sollevate dai Tribunali di Brescia, Catania e Padova affermando che sono stati i dati scientifici disponibili durante la pandemia ad aver imposto l'obbligo vaccinale non sostituibile con la misura del tampone per la prevenzione dall'infezione. «Il sacrificio imposto agli operatori sanitari non ha ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus», si legge nel provvedimento.

È stata inoltre ritenuta non contraria ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza anche la scelta di non prevedere per i sanitari no vax un obbligo del datore di lavoro di assegnazione a mansioni diverse. Giustificata, infine, la non erogazione al dipendente sospeso di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio.

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