Un contagiato su tre è asintomatico. Percentuale ancora più alta tra i bambini

La scoperta di un team di scienziati: così, individuarli, diventa più difficile

Un contagiato su tre è asintomatico. Percentuale ancora più alta tra i bambini

Febbre, tosse, congiuntivite, diarrea o perdita di olfatto e gusto sono alcuni dei sintomi tipici da Covid ma in un caso su tre sono assenti anche se la persona infetta può contagiare gli altri. È l'ultimo risultato di un grande studio, pubblicato sulla rivista Pnas, della prestigiosa università di Yale in collaborazione con i colleghi della Maryland School di Baltimora, della York University di Toronto e dell'Università della Florida, che hanno analizzato oltre 350 articoli sull'argomento. Chi non ha sintomi ma è ugualmente contagioso fino a oggi è stato valutato in un range che va dal 4 all'80% con una media di quasi uno su cinque, secondo le analisi su più studi, pubblicati sul Journal Medicine Virology, Jama e Plos One. Addirittura lo scorso febbraio l'Università di Chicago, sempre su Pnas, ha evidenziato che nella prima ondata i casi asintomatici erano uno su due, ipotizzando che potessero essere la causa dell'80% di tutte le infezioni da coronavirus. Da qui l'ennesima sollecitazione all'uso di mascherina, distanziamento e tracciamento con test di massa, richiesta peraltro rilanciata ancora adesso per la variante Delta. Nello studio di Yale sono state valutate le differenze nell'asintomaticità rispetto all'età, al sesso, alla comorbilità, al disegno dei vari studi e data di pubblicazione, alla durata del follow-up dei sintomi, alla posizione geografica e al contesto. Gli scienziati hanno scoperto che i casi con comorbilità, avevano un'asintomaticità significativamente inferiore rispetto agli altri. Quindi una persona senza altre malattie può essere infetta e non saperlo con una frequenza maggiore. Poiché l'evidenza clinica indica che le cariche virali tra le infezioni asintomatiche e sintomatiche possano essere comparabili, «inconsapevoli del loro rischio per gli altri, è probabile che gli individui con infezioni silenziose continuino i soliti modelli di comportamento», sottolineano i ricercatori.

Per questo «senza politiche proattive, per rilevare le infezioni asintomatiche, come il tracciamento rapido dei contatti, potrebbero essere necessari sforzi prolungati per il controllo della pandemia anche in presenza di vaccinazione». Altra scoperta è stata una maggiore asintomaticità nei bambini (circa uno su due) rispetto agli adulti (19,7%). Un dato che si collega con un nuovo studio canadese, appena pubblicato su Jama Pediatrics, che ha analizzato 6280 famiglie: circa il 30% ha presentato una trasmissione virale, legata ai bambini e con la probabilità più alta nei neonati rispetto agli adolescenti. La buona notizia però è che la vaccinazione riduce anche i casi asintomatici, secondo uno studio dello scorso maggio sulla rivista Jama su 5.

217 dipendenti del St. Jude Children's Research Hospital di Memphis. È tra i primi a mostrare un'associazione tra la vaccinazione con Pfizer e un minor numero di infezioni asintomatiche: con una dose sono diminuite del 72% e con due del 90%.

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