Il Consiglio europeo si conclude, come previsto, senza nuove decisioni (il primo pacchetto di interventi costituito da Bei, Sure e Mes è già definito e quasi pronto all'uso, dopo il via libera di ieri) e con un rinvio alla Commissione von der Leyen, che entro il 6 maggio dovrà elaborare la proposta di Recovery Fund.
Un passo avanti, ottenuto dall'azione congiunta di diversi Paesi, Francia e Spagna in testa, cui l'Italia si è agganciata col lavoro dei ministri Gualtieri e Amendola. Giuseppe Conte dovrà ora fare l'ennesima capriola, spiegare perché l'accesso al Mes (le cui condizioni sono immutate da quando l'Eurogruppo ha raggiunto l'accordo due settimane fa) è diventato buona cosa e rivendicare l'apertura al Recovery Fund: «Nostro merito storico», proclama, seguito a ruota dai ministri grillini. Il premier inizia a preparare il terreno mentre il vertice è ancora in corso, facendo circolare giudizi roboanti: «Grandi progressi, impensabili fino a poche settimane fa». In un breve video (rigorosamente senza domande) post-Consiglio, Conte si mostra entusiasta: «Tutti i Paesi hanno accettato di introdurre uno strumento innovativo come il Recovery Fund, l'Italia era in prima fila a chiederlo e la nostra iniziativa è stata molto importante». Dentro il vertice i toni sono stati un po' diversi. Conte aveva dovuto ufficialmente abbandonare quella che era stata finora la sua unica bandiera, i corona-bond, tramite intervista di Roberto Gualtieri al Financial Times.
Si è accodato all'iniziativa macroniana e alle proposte spagnole, e ha perorato la causa italiana con toni drammatici: ci servono stanziamenti a «fondo perduto» e non prestiti, ci servono subito attraverso una soluzione-ponte (altra proposta spagnola, rilanciata dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli, cui il governo italiano si è aggrappato) in attesa di definire il Recovery Fund sui cui termini Nord e Sud restano ancora lontani. Perché il rischio, dice, è «un'emergenza politica» anti-europeista in Italia. Alimentata peraltro con la campagna anti-Mes dal suo medesimo partito, M5s, insieme alla destra salvin-meloniana.
Non a caso a Bruxelles, intorno al governo italiano, si respirava un certo incredulo stupore. Nessuno, tra «alleati» del Sud e «antagonisti» del Nord Europa, ha ben capito le giravolte continue delle ultime settimane e le arcane motivazioni con cui il premier di Roma le ha giustificate.
Fuori dalla bolla propagandistica italiana, le cose appaiono diverse. La domanda che tutti si fanno la esprimeva con chiarezza ieri Luis Garicano, europarlamentare spagnolo del gruppo macroniano Renew e autore di quella proposta di Recovery Fund firmata da Madrid cui Giuseppe Conte ieri si è agganciato in extremis in un Consiglio europeo dove rischiava di restare isolato e con il cerino in mano.
Intervistato dal Foglio, l'economista iberico Garicano notava: «È increscioso che l'Italia si sia infilata in un vicolo cieco facendo pensare che il Mes sia impossibile da utilizzare», mentre davanti ad una simile crisi «bisogna utilizzare tutti gli strumenti a disposizione», e quello del Mes «è buono, è denaro meno caro e andrebbe usato». Ecco. Ora Conte dovrà spiegarlo ai suoi.
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