Il premier Giuseppe Conte gioca la carta Mes per salvare la poltrona. Il Pd vorrebbe sfrattare l'avvocato del popolo da Palazzo Chigi. Al Nazareno solo il segretario Nicola Zingaretti continua a non volere una crisi di governo. Poi quasi tutti i big, Dario Franceschini, Andrea Orlando, Goffredo Bettini, sarebbero favorevoli a dare il benservito a Conte. La settimana che si apre sarà decisiva per il premier: manovra, scostamento di bilancio e cambi di aree per alcune Regioni. Il via libera a una nuova richiesta di scostamento potrebbe arrivare già tra mercoledì e giovedì, anche alla luce di nuovi cambi di colore per le Regioni. Poi un nuovo decreto legge scostamento, con misure più ampie per continuare ad affrontare l'emergenza dei soli ristori-ter. Oggi il governo si riunirà per esaminare la legge di bilancio. In attesa del tour de force, il presidente del Consiglio estrae il coniglio dal cilindro: l'ok del M5S al Mes. Una contropartita per fermare il pressing dem per un cambio a Palazzo Chigi.
Dal cortile di Palazzo Chigi, al termine della riunione con i capidelegazione della maggioranza e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri sulla manovra, il presidente del Consiglio si collega agli Stati generali del Movimento per spedire il videomessaggio. Conte prova a sfondare il muro (ideologico) del no al fondo salva-Stati: «La coerenza delle proprie idee è senz'altro un valore, ma quando governi devi affrontare la complessità. Quindi bisogna avere il coraggio e l'intelligenza di cambiarle, le idee, e a volte questo diventa un obbligo morale», attacca a testa a bassa il premier. E dunque per Conte i nuovi vertici del Movimento (una struttura collegiale) hanno quasi l'obbligo morale di aprire una trattativa sul Mes: «Nella vita politica ci si imbatte spesso nel dilemma tra coerenza delle proprie idee e possibilità di cambiare opinione. È un dilemma mal posto. Quando governi devi valutare la complessità, bisogna avere anche il coraggio di cambiarle le idee, quando ti accorgi che queste sono migliori di quelle che avevamo. E se la coerenza delle stesse idee fa male al Paese si ha l'obbligo morale di cambiarle».
Cerca una sponda con Luigi di Maio. Ma in questa fase il ministro degli Esteri è più interessato alla trattativa con Franceschini e Renzi. L'avvocato del popolo prova a mettere sul piatto la resa del M5S sul Mes per conservare la poltrona. È una mossa disperata. Che rischia di essere controproducente.
Le parole di Conte nelle chat grilline non raccolgono apprezzamento unanime. Perplessità e incertezze accompagnano l'intervento di Conte. Interpretato da molti come un tentativo di spingere il Movimento verso il via libera al Mes. Ma non mancano dubbi e battute al veleno sulla sottomissione di Conte al Pd. Nel videomessaggio il capo del governo ricorda i dissapori del passato con i Cinque stelle: «Alcune delle mie decisioni, non mi è sfuggito, non sono state totalmente in linea con le posizioni assunte nella vostra campagna elettorale. Sono i momenti in cui siete apparsi disorientati, in cui diciamolo chiaramente si sono create incomprensioni tra di noi». Non cita mai Davide Casaleggio, in aperto conflitto con i vertici del Movimento. Ammette poi: «Con Beppe Grillo ci sentiamo spesso».
Rammaricandosi di non aver mai incontrato Gianroberto Casaleggio. Il primo distinguo arriva da Stefano Buffagni, viceministro allo Sviluppo economico: «Non siamo la stampella del Pd». Ma ora i veri pericoli per Conte arrivano dal Nazareno.
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