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"Candidarmi? Il M5S mi impegna troppo". Ma Conte trova il tempo per insegnare

L'ex premier non si candiderà per ragioni di tempo. Ma l'Università di Firenze gli assegna una cattedra. Questione di priorità o solo paura di perdere?

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Il tempo è relativo, si sa. Però in politica lo è meno: Giuseppe Conte non si candiderà alle suppletive autunnali, preferendo "l'impegno di rilanciare il MoVimento 5 Stelle". Sono parole sue.

Ci sarebbe la partita per il collegio di Primavalle, ma l'ex premier giallorosso e gialloverde, come riporta Il Fatto Quotidiano, è stato lapidario: "Ho pensato di non candidarmi alle elezioni suppletive perché in questo momento ho preso un impegno per me prioritario e cioè lavorare per il rilancio del Movimento 5 stelle". Niente sfida per Parlamento, quindi. Perché gli spazi temporali a disposizione, con un partito da rilanciare, sarebbero risicati. E il professore originario di Volturara Appula vuole fare le cose per bene, con la giusta concentrazione.

Già, l'insegnamento: una "priorità" che Conte non cita quando dribbla le suppletive per uno scranno valevole per la Camera, ma che risulta. Un verbale del Consiglio del Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza dello scorso 11 maggio assegna all'ex presidente del Consiglio la cattedra di Diritto civile per l'anno accademico 2021-2022. L'ex vertice dell'esecutivo, dopo la perdita di Palazzo Chigi, è rientrato dall'aspettativa: l'Università di Firenze ha l'obbligo di normalizzare la situazione. Per una modifica dell'offerta formativa bastano poche righe: la destinazione del leader grillino ed accademico è già stata immortatala sul sito ufficiale dell'Ateneo. Non più Diritto privato, quindi, ma civile, come conferma l'ateneo a ilGiornale.it.

Tutto nella norma. Un insegnamento cattedratico non è mica un volo di Stato di Salvini. Però un sospetto, in termini d'opportunità politica, viene: Conte ha il tempo di dedicarsi al MoVimento, all'insegnamento universitario e magari pure alla professione. Serve elasticità per fare tutto, lo ammetterebbe chiunque, però di candidarsi non se ne parla. Le leadership contemporanee, tranne quella di Mario Draghi che è una motivata eccezione, siedono nelle assemblee elettive. Persino Enrico Letta, che per ora manca all'appello e che è rientrato in fretta e furia da Parigi per la segreteria del Partito Democratico, mira al seggio senese.

Il rapporto tra la politica ed il consenso, negli anni, è evoluto, ma qualche tradizione permane. Tipo quella di misurarsi con l'approvazione del basso dell'elettorato per conquistare il "diritto" di distribuire ricette e strategie dall'alto di una segreteria partitica. Ci sarebbe pure tutta la saga della "democrazia diretta" e delle sue beltà secondo narrativa grillina, ma Conte ha da fare, troppo da fare, per passare dal vaglio elettorale. E per essere coerente con quello che il MoVimento ha sostenuto prima di lui.

A meno che il professore originario di Volturara Appula non percepisca la sfida di Primavalle, quella ventilata da mesi, come una forca caudina. Quel collegio non è blindato. Forse neppure quelo di Siena cui Enrico Letta aspira lo è, ma l'elettorale uninominale Lazio 1-11 è tutto fuoché una passeggiata. Sì, il MoVimento 5 Stelle è reduce da una vittoria da quelle parti, ma il centrodestra ha dimostrato di essere competitivo, mentre i sondaggi su Virginia Raggi e sul suo tentativo di fare il bis a Roma sconsigliano ottimismo da parte pentastellata. La capitale dovrebbe (facciamo i dovuti scongiuri) decidere di abbandonare l'esperienza movimentista. E la doppia sfida in contemporanea, con conseguente associazione politica Conte-Raggi, potrebbe aver spaventato l'ex premier.

Inoltre, esistono quelli su Conte di sondaggi: l'accademico tiene botta tra la base elettorale del partito che dovrebbe presiedere, ma perde punti sul piano del consenso generale, dando segni di ridimensionamento dopo l'exploit mediatico dovuto pure alle prime fasi pandemiche. Chi può dare al professor Giuseppe Conte la sicurezza di essere eletto alla Camera passando da Primavalle? Nessuno. La certezza granitica di una cattedra invece esiste. Il disimpegno, più che a motivazioni di carattere temporale, può essere dovuto al realismo: una sconfitta significherebbe addio leadership e velleità correlate.

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