Coronavirus

Conte promette flessibilità. Ma ancora non arriva un euro

Il premier: «Presto adotteremo misure straordinarie» Parti sociali critiche: «Sul decreto serve più coraggio»

Conte promette flessibilità. Ma ancora non arriva un euro

«Siamo sulla stessa barca, chi ha il timone ha il dovere di mantenere la rotta. Torno oggi a parlarvi per informarvi che sono in arrivo nuove misure, dobbiamo fare uno sforzo in più, dobbiamo farlo insieme». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ieri ha lanciato un messaggio al Paese dalla propria pagina Facebook per rassicurare gli italiani non solo sulla possibilità di resistere all'epidemia, ma di superarne gli effetti deleteri per il ciclo macroeconomico. Un discorso registrato nel suo studio a Palazzo Chigi con la bandiera italiana e dell'Ue sullo sfondo.

Conte ha sottolineato che si tratta di «una situazione straordinaria che necessità di misure straordinarie». Il governo, ha assicurato, chiederà all'Unione europea «tutta la flessibilità di bilancio di cui ci sarà bisogno per sostenere le nostre famiglie e le nostre imprese». Secondo il premier, «l'Europa dovrà venirci dietro e sostenere questo nostro sforzo: appronteremo un piano straordinario di opere pubbliche, di opere private grandi, medie e piccole; dobbiamo immettere nuova finanza nell'economia e realizzare le infrastrutture che servono e per alcuni investimenti valuteremo la possibilità di applicare il modello del Ponte Morandi di Genova».

Belle parole, incoraggianti. Purtroppo la realtà è molto dissimile dalle promesse vagheggiate dal presidente del Consiglio. Il decreto legge in via di stesura - e per il quale ieri c'è stato un incontro tra l'esecutivo e le parti sociali - conta su uno stanziamento iniziale di 3,6 miliardi di euro, cioè lo 0,2% del Pil per il quale il parlamento dovrà votare un aggiornamento della nota di bilancio. Un passaggio necessario per presentare a Bruxelles la richiesta di ottenere maggiore flessibilità e che sicuramente sarà vagliata con severità.

È molto probabile che tanto il testo quanto il voto sullo scostamento si svolgano la prossima settimana perché il cammino si è fatto via via sempre più complicato.

Anche perché le richieste delle parti sociali sono pressanti. Ieri Confindustria è tornata a chiedere con il presidente Vincenzo Boccia (nella foto piccola) il whatever it takes (qualsiasi cosa sia necessaria, come disse Mario Draghi al culmine della crisi dell'euro) per l'Italia. Questo richiede, ha specificato Viale dell'astronomia, «risorse congrue» e «strumenti incisivi». Secondo Confindustria, «bisogna immaginare un piano massivo e straordinario», a partire dal rilancio degli investimenti pubblici e delle infrastrutture, come primo motore della crescita economica. È necessario, per gli industriali, dotarsi di un piano straordinario triennale, che parta dall'avvio di tutti i cantieri e punti a realizzare tutte le opere programmate. L'Abi, l'associazione delle banche italiane, invece, è tornata a chiedere «di aumentare le risorse e le possibilità di interventi del Fondo di garanzia per le Pmi, di velocizzare al massimo i pagamenti della Pa» e di attingere ai fondi europei per rilanciare le infrastrutture. È chiaro il messaggio: se la crisi si acutizza, non si può scaricare ancora una volta sui bilanci bancari il costo della crisi. Non meno teneri i sindacati che, innanzitutto, hanno chiesto un ampliamento degli ammortizzatori sociali ove non fosse possibile tutelare i livelli occupazionali.

Il pressing dell'opposizione è serrato. Il comitato di presidenza di Forza Italia ieri ha richiesto «lo sforamento del rapporto deficit/Pil per dare fiato alle famiglie e alle imprese, l'estensione del telelavoro e la concessione di congedi retribuiti per la cura dei minori». Di fronte a tutto questo 3,6 miliardi non bastano.

Il primo a saperlo è Conte, ma il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, che tiene aperti i canali con Bruxelles, ha finora mostrato di non voler fare il passo più lungo della gamba.

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