Sembra un po' più brizzolato di quando la pandemia è iniziata, capelli bianchi che condivide con molte altre teste del Paese. Vestito blu elettrico, cravatta blu, il tradizionale fazzoletto che sbuca dal taschino, il tricolore e le stelle dell'Ue sul fondo giallo del cortile di Palazzo Chigi, sfoggia un'aria rilassata rispetto alle serate e alle nottate dell'emergenza più cupa, anche se il contesto resta incerto. «Se seguiamo i giornali, si legge di qualche tentativo di dare una spallata al governo» dice subito Giuseppe Conte. Parla di «chiacchiericci» e prova a tagliare corto: «Non possiamo lasciarci distrarre».
È la prima conferenza stampa del presidente del consiglio non social, anzi all'aperto. Conte, quasi a non tradire lo schema di questi mesi di pandemia, mette subito sotto osservazione la regione che è stata l'epicentro della tragedia: «Serve cautela da parte di tutti e in particolare della Lombardia. Non abbiamo motivo per dire alla Lombardia che non apre. Può tranquillamente, facendo proprie valutazioni, decidere di aprire». C'è un avviso, però: «Lo Stato ha anche una funzione di vigilanza e coordinamento con questo Piano nazionale. Se la curva epidemiologica scappa dal controllo, saremo pronti a intervenire». Esiste una clausola di salvaguardia che lo consente, anche se - precisa - «il presidente Fontana è responsabile». Il Piano nazionale di monitoraggio sarà basato proprio sui flussi informativi che arrivano dai territori: «Le regioni collaboreranno anche per far rispettare le regole di distanziamento in tutte le attività economiche e sociali». Ma è la Lombardia a restare particolarmente sotto la lente. I governatori leghisti reagiscono: «Il governo la smetta di mettere in discussione le competenze delle regioni. Ricordiamo che proprio grazie alle regioni nel momento di massima allerta si è provveduto a mettere in campo misure di contenimento efficaci e, sempre grazie alle regioni, è possibile da lunedì (domani, ndr) prevedere le riaperture con linee guida attuabili. Se c'è qualcuno o qualcosa da mettere in discussione in questo momento è sicuramente l'operato del governo non delle Regioni». Firmato: Massimiliano Fedriga, Luca Zaia, Attilio Fontana, Donatella Tesei, Maurizio Fugatti, Christian Solinas. Mentre Giovanni Toti: «Caro presidente, rispetto per chi ha lavorato e ha consentito anche a questo governo di non fare altre brutte figure».
Continua il premier: «Stiamo affrontando un rischio calcolato, nella consapevolezza che la curva epidemiologica potrà tornare a salire». Aspettare il vaccino? «Non ce lo possiamo permettere». Così come «non ci possiamo permettere» un anno bianco fiscale. In ogni caso è un tentativo di tornare alla normalità, anche se restano in grave allarme medici, agricoltori, ristoratori, operatori turistici, editori (proprio ieri, ultima tappa, lo sciopero dei giornalisti dell'agenzia Ansa, con la crisi della Gazzetta del Mezzogiorno) e più in generale tutte le categorie in prima linea nell'affrontare l'emergenza durante la lunga serrata e che adesso si trovano a operare in condizioni che restano difficili.
«Sono consapevole che il decreto Rilancio non potrà essere la soluzione di tutti i problemi» ammette. Dice: «Stiamo dando una mano». Sottolinea anche «la grande preoccupazione per la criminalità e l'usura». Annuncia il taglio alla burocrazia, «la parte più difficile, ma abbiamo la testa dura». Parla di agevolazioni «per la ricapitalizzazione delle Pmi», che sono in grave agitazione. Per le grandi, torna a annunciare un intervento pubblico: «Non una sovietizzazione, ma dobbiamo tenerci pronti a interventi mirati di sostegno e rilancio. Lo Stato non deve intromettersi nella governance, ma ha il dovere di intervenire attivamente per sostenere le imprese in difficoltà». Il decreto Ripartenza è stato firmato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. È comunque necessario un nuovo Dpcm per entrare nei dettagli di come si opererà nei singoli casi. Lui spiega che saranno acquistati test sierologici per 150mila persone. Difende il commissario Arcuri: «Bisogna mettersi nei suoi panni. All'inizio era pressoché impossibile trovare un ventilatore o una mascherina». Alle opposizioni che annunciano la manifestazione del 2 giugno assicura che saranno «liberissime, con regole di distanziamento».
Ma Conte, più che entrare in contenuti tecnici, fa un salto carpiato: «L'Italia che vogliamo nel nostro progetto politico: più verde, più digitale, più inclusiva». Come se non fosse la fine del lockdown, ma l'inizio di una legislatura.
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