Coronavirus

Conte: "Strategia diversa". Poi respinge di nuovo il Mes

Si assolve in diretta tv: "Mai abbassato la guardia, ora evitare i lockdown". E vede una ripresa che non c'è

Conte: "Strategia diversa". Poi respinge di nuovo il Mes

Ma no, niente coprifuoco, non siamo come in Francia e soprattutto «non siamo come a marzo». No anche alla chiusure draconiane di bar e ristoranti, che potranno lavorare fino a mezzanotte a patto di non favorire mucchi selvaggi e dovranno mettere la gente a sedere ai tavolini. E no al catastrofismo. Oggi, spiega il premier, «servono scelte ponderate e proporzionali», non decisioni prese sulla spinta delle emozioni, infatti siamo gli unici in Europa ad aver elaborato «un piano di contenimento». Però insomma, alla fine di 48 ore di vertici, conciliaboli e scontri, di fronte a quasi 12mila nuovi positivi, qualcosa al fronte rigorista deve cederla: e cioè, controlli sulla movida, incremento dello smart-working, pullman turistici ai comuni per potenziare i trasporti pubblici, restrizione alla vendita di alcolici, entrate differite a scuola negli istituti superiori. «La situazione è critica, non si può perdere tempo. Queste misure serviranno per evitare un secondo lockdown».

Più che una stretta, una strettina, intanto le terapie cominciano ad avere l'affanno. Ma per Giuseppe Conte non c'è bisogno del Mes, «che aumenterebbe il nostro deficit». Meglio puntare sul Recovery Fund e «collaborare senza polemiche». Dalla primavera a oggi «la strategia è cambiata» e il governo adesso «vuole tutelare la sanità e l'economia, i negozi, il lavoro». I numeri «sono alti e c'era l'urgenza di intervenire: presto mi presenterò in Parlamento». Niente paura: «Viviamo un momento difficile, ne usciremo». Saranno previsti ristori per gli imprenditori che verranno penalizzati dal nuovo Dpcm. Ma saranno «selettivi»: «Non possiamo permetterci di affrontare una elargizione a pioggia».

Ha la voce un po' roca e l'aria tesa il Conte che a tarda sera si presenta nel cortile di Palazzo Chigi per correggere dopo solo appena cinque giorni il suo ultimo decreto. In realtà, fosse dipeso da lui, avrebbe temporeggiato ancora, avrebbe controllato l'andamento della curva dei contagi prima di riscrivere il decreto. Non facciamoci prendere la mano, ha detto ad alcuni ministri, non è così urgente varare nuove regole e i cittadini ormai sono esasperati. Ma il pressing del Pd e l'evidenza gelida dei numeri lo hanno costretto a rinunciare alla sua specialità, il rinvio, e lo hanno convinto a cambiare strategia e a muoversi. Fino all'ultimo però si litiga sul come e l'incontro con i giornalisti, fissato per le 18, slitta più volte. A Palazzo Chigi si fatica a trovare la sintesi su due argomenti scivolosi, come la scuola, con le Regioni che chiedono gli scaglionamenti e la ministra Azzolina che resiste, e le palestre e le piscine. Alla fine vince il partito della mediazione: i centri sportivi avranno una settimana di tempo per mettersi in regola con i protocolli. Dunque decisione rinviata.

Basta dare un'occhiata al Dpcm. La movida sarà imbrigliata solo localmente: toccherà ai sindaci chiudere dopo le 21 vie e piazze «dove si possono creare assembramenti» e decretare dei mini-coprifuoco Bar e ristoranti potranno aprire dalle 5 alle 24 soltanto con il servizio al tavolo, massimo sei attovagliati, con un adeguato distanziamento. Altrimenti alle 18 si chiude. Via libera pure alla didattica a distanza, però «nelle situazioni critiche in specifici contesti territoriali». Doppio turno a scuola, però caso per caso, mentre le università decideranno in autonomia.

Quanto agli sport, saranno consentiti quelli individuali o che hanno «un riconosciuto interesse» nazionale o regionale. Mille spettatori al massimo, duecento al chiuso, con una percentuale di posti assegnati che non deve superare il 15 per cento. Limitati gli sport di contatto professionistici, sospese gare e attività di quelli amatoriali. Bingo e sale giochi potranno aprire tra le otto e le 21.

Vietate sagre, fiere e congressi locali.

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