Economia

Conti del governo disastrosi: ora ci meritiamo la lettera Bce

Nel 2011 l'intervento della Banca centrale europea ci costrinse a una maxi manovra correttiva. Ma rispetto a tre anni fa oggi il Pil è a zero e la disoccupazione ai massimi

Conti del governo disastrosi: ora ci meritiamo la lettera Bce

Fonti assolutamente attendibili parlano di una lettera in arrivo per il governo italiano. Come il 5 agosto 2011 una missiva fu inviata all'esecutivo Berlusconi senza che nessuno o quasi ne sapesse nulla e fuori da qualsiasi prassi o regola istituzionale, nei prossimi giorni una lettera simile pare sarà indirizzata a Matteo Renzi e al suo governo. Il mittente sarà lo stesso di 3 anni fa: la stessa persona che allora agì quasi per disperazione, perché a capo, sia pur ancora in tandem con il suo predecessore, di una istituzione al tempo impreparata alla crisi e impotente dinnanzi ad essa. E che oggi invece agisce con una consapevolezza maggiore, avendo alle spalle (si fa per dire), e non davanti tutta ancora da capire, la crisi che in questi 3 anni, via mercati finanziari internazionali, ha colpito i debiti sovrani degli Stati e ha messo a rischio la stessa sopravvivenza della moneta unica.

Nel 2011 il governo in carica, con qualche contrasto interno, ma con grande senso di responsabilità, accettò, seppur a malincuore, le prescrizioni della Bce, varando subito, il 13 agosto, una manovra da 64 miliardi cumulati dal 2011 al 2014, per anticipare di un anno il pareggio di bilancio, dal 2014 al 2013. E poi, il 26 ottobre, inviando ai presidenti del Consiglio e della Commissione europea una lettera di ulteriori impegni, opportunamente calendarizzati e in gran parte realizzati l'11 novembre con un maxi-emendamento alla Legge di Stabilità 2012. Chissà se il governo di oggi, se mai arrivasse la lettera le cui linee guida ci accingiamo a descrivere, sarà in grado di rispondere, in questa estate-autunno, in maniera tanto tempestiva come fece il governo Berlusconi 3 anni fa. La morale che dalla lettera che ci è stata anticipata viene amaramente fuori è che 3 anni sono passati invano. Anzi, da allora le cose sono peggiorate. A parte la speculazione dello spread che colpì l'Italia, che finalmente il mittente della lettera riconosce in maniera esplicita essere stato un grande imbroglio (evidentemente i miei libri sono serviti a qualcosa), tutto è peggiorato. Nel 2011 il Pil aveva ancora segno positivo mentre oggi viaggiamo a zero o sotto zero; la disoccupazione era all'8,8% (30,5% quella giovanile) e oggi e al 12,8% (43% quella giovanile). Il debito pubblico era al 120,7% e oggi è al 135,2%, destinato a raggiungere quota 140% entro fine anno, aumentando a un ritmo mai visto nella storia, di fatto incontrollato. La pressione fiscale nel 2011 era al 42,5%, oggi al 44%; e il numero di poveri in Italia era di 8.173.000, oggi oltre 10 milioni. Soprattutto sono peggiorati i conti pubblici, e c'è il rischio di una manovra correttiva da almeno 30 miliardi. È il risultato fallimentare di Monti, Letta e, fino ad oggi, Renzi.

Questa la premessa della lettera che finalmente rende giustizia a 3 anni di balle, di sospensione della democrazia, di strumentalizzazione della crisi da parte della sinistra che adesso è al governo senza sapere perché. C'è poi una seconda parte in cui la Banca centrale europea fa, quasi incredibile a dirsi, autocritica. Sulla gestione della crisi, non solo a livello di politica monetaria, di sua stretta competenza, ma anche in riferimento alla politica economica adottata dalla Commissione europea, passiva ai diktat tedeschi. Nonostante gli sforzi della Bce, pertanto, nell'estate del 2012 gli spread hanno ricominciato ad aumentare, complici voci di uscita della Grecia dall'euro. Fu quello il momento in cui, intervenendo a una conferenza a Londra, Mario Draghi, il mittente anche della nuova lettera, pronunciò la frase che ha cambiato le sorti dell'euro. Poche parole che, per essere riempite di significato, costarono un'estate di lavoro ai funzionari della Bce impreparati a tutto. 26 luglio 2012: «Faremo di tutto per salvare l'euro». Sulla politica economica dell'Ue, nel ripercorrere le tappe della crisi, pare che nella lettera venga finalmente riconosciuto il ruolo disastrosamente e perversamente egemone della Germania, che ha imposto agli Stati oggetto di speculazione finanziaria, come unica ricetta, anche in questo caso senza analisi preventive e condivise delle cause della crisi, misure «sangue, sudore e lacrime».

Giungiamo così alla terza parte della lettera: l'analisi della situazione attuale in Italia. Questa volta si parte dai dati di fatto: i numeri dell'economia reale, e non da un imbroglio, quello dello spread , come accaduto nel 2011. Ma il paradosso è che, venuta meno la speculazione finanziaria, la crisi, non solo italiana, ma anche europea, invece permane e si è aggravata. E tra tutti i paesi, il nostro rimane un «osservato speciale», perché in 3 anni, come abbiamo visto, i fondamentali dell'economia e i conti pubblici sono peggiorati. E qui vengono i dolori per il governo Renzi.

La Bce si chiede perché l'esecutivo, nonostante una delega fiscale approvata dal Parlamento in via definitiva già a febbraio, non procede alla redazione dei decreti attuativi. Per giungere in 5 anni a una riduzione di 5 punti della pressione fiscale, riportandola sotto il 40%. Magari puntando a un sistema fiscale di tipo flat, che adotti un'aliquota fiscale unica per tutti i livelli di reddito, riconoscendo tuttavia una deduzione personale ai contribuenti (le altre tax expenditures sono eliminate), tale da rendere il sistema progressivo, secondo il dettato della nostra Costituzione. Parallelamente, nella lettera si sottolinea che occorre una riduzione reale della spesa pubblica, partendo dalla riduzione degli interessi sul debito pubblico, non solo e non tanto derivante dagli irrisori 2-3 miliardi di risparmio da riduzione degli spread , cifra che dimostra ancora una volta l'imbroglio di questo indicatore, bensì da una riduzione strutturale dello stock del debito di almeno 400 miliardi.

Altro punto su cui si concentra l'attenzione della Bce: misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Vale a dire un New deal , un nuovo corso dell'economia italiana sul fronte della modernizzazione del paese, attraverso investimenti pubblici e privati, soprattutto in settori ad alta intensità di lavoro e ad alti coefficienti di attivazione, come quello dell'edilizia, delle manutenzioni e delle infrastrutture diffuse. Una manovra in 5 punti che, portati avanti insieme, possono avere effetto «esplosivo» per l'economia: una Legge obiettivo «grandi opere»; l'adozione di un grande piano di assicurazione del territorio contro i rischi delle calamità naturali; l'adozione di un grande piano di riscatto delle case popolari da parte degli inquilini e destinazione delle risorse all' housing sociale; l'adozione di un piano industriale nazionale per la realizzazione di nuovi impianti sportivi e complessi multifunzionali; l'adozione di un piano industriale per il rilancio e lo sviluppo del turismo e per il potenziamento delle strutture ricettive.

Ultimo, ma non ultimo: la Bce consiglia di non perdere tempo con la riforma del Senato concentrandosi, invece, sull'elezione diretta del presidente della Repubblica. Il motivo è presto detto: la forma di governo non è neutra rispetto alle scelte di politica economica. Il presidente eletto, infatti, è garante della maggiore stabilità e continuità politica, garantisce che il mandato elettorale non sia tradito, e che il Parlamento sia sciolto nel caso in cui si determinino pratiche trasformistiche e tentativi di costruire nuove e diverse maggioranze rispetto al responso delle urne. Le fonti che ci hanno dato queste anticipazioni sono assolutamente attendibili, come lo erano quelle di tre anni fa, ma non sappiamo se questa lettera arriverà davvero. Troppo bello, troppo serio, troppo presto ricostruire nella verità la storia di quell'estate-autunno 2011. Una storia fatta di imbrogli, inganni, colpi di Stato, mistificazioni. Molto probabilmente il 5 agosto non arriverà nulla e tutto continuerà come prima. Peggio di prima. Peccato, ma non disperiamo che da qualche parte qualcuno questa lettera la scriva per davvero. E ce la invii.

Prima che sia troppo tardi.

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