Non c'è nero su bianco. Ma Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, rispettivamente leader di Pd e M5s, hanno siglato un contratto (non scritto) che sancisce una convergenza politica tra le due forze politiche. Un'intesa che due giorni fa, a Strasburgo, ha compiuto un salto di qualità: i parlamentari europei di Pd e Cinque stelle (i voti dei grillini sono stati decisivi) hanno contribuito, votando allo stesso modo, all'elezione di Ursula von der Leyen alla guida della commissione europea. Un passo in avanti che rafforza il legame tra i due partiti. Un patto che in Italia, in Parlamento e fuori, è già emerso nel primo anno della legislatura. Un feeling che anticipa un'alleanza politica. Al netto dell'ultima zuffa mediatica, dopo le presunte parole rivolte dal deputato renziano Andrea Romano alla parlamentare grillina Francesca Businarolo («Chi è incinta non è in grado di presiedere»), i gruppi di Pd e M5s sono in sintonia su tanti temi. Molti di più di quelli contenuti nel vero contratto di governo sottoscritto da Di Maio e dal leader della Lega Matteo Salvini.
Dal no all'autonomia alla battaglia per l'approvazione di una legge (punitiva) sul conflitto d'interesse: democratici e grillini stanno costruendo una maggioranza silenziosa (non tanto) che punta a isolare il Carroccio. Per i leghisti, la battaglia sul regionalismo differenziato è centrale. Ma l'asse tra Pd e Cinque stelle, con la sponda del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha bloccato l'approvazione del provvedimento. Costringendo il ministro dell'Interno Salvini alla ritirata. Asse che si è riproposto, a ruoli invertiti, sul caso dei presunti finanziamenti russi alla Lega: i dem chiedono una commissione d'inchiesta, con il compito di processare Salvini. Di Maio offre la sponda a Zingaretti. Il leader del Pd, che ha incontrato i presidenti di Camera, Roberto Fico, e Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, però continua smentire ribaltoni che diano vita a un governo Pd-M5s. Il contratto tra Di Maio e Zingaretti ha fatto valere tutta la forza in altro passaggio parlamentare delicato: Pd e grillini hanno votato una mozione contro il doppio incarico in Rai a Marcello Foa. Obbligando il presidente Rai a mollare una poltrona. Il terreno su cui Pd e M5s giocano dalla stessa parte è abbastanza ampio. A cominciare dalla convergenza giustizialista: la cancellazione della prescrizione voluta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è un vecchio cavallo di battaglia della sinistra. La Lega ha dovuto ingoiare il rospo. E anche quando il capo del Viminale ha annunciato la chiusura dei negozi per la vendita di cannabis, Zingaretti e Di Maio (facendo dichiarazioni identiche) hanno sbandierato il loro contratto (non scritto). Imponendo la retromarcia al leader leghista. E ora la maggioranza silenziosa Pd-M5s sta puntando al colpo grosso: sabotare il piano del Carroccio sulla flat tax.
Di Maio e Zingaretti accarezzano l'idea di una mini-patrimoniale. Per finanziare cosa? Non imprese e commercianti.
Ma quel salario minimo, proposta lanciata da Di Maio e appoggiata subito da Giuliano Pisapia, neoparlamentare del Pd, che farà tanto felici i sindacati. Perché dopo qualche conflitto iniziale, la Cgil è la voce più ascoltata dalle parti del ministero del Lavoro.
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