Coppi smonta il teorema dei pm «Insindacabili i parlamentari»

Arringa del legale di Forza Italia al processo di Napoli sulla compravendita dei senatori «Lo dice la Costituzione, gli eletti non sono tenuti a rendere conto se cambiano gruppo»

L o dice la Costituzione, ricorda il professor Franco Coppi: articolo 67, «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Per questo il senatore Sergio De Gregorio era libero di scegliere la sua strada, le sue alleanze, il suo gruppo parlamentare di appartenenza, senza rendere conto a nessuno se non alla sua coscienza e ai suoi elettori. Per questo non si può accusarlo di corruzione. E, di conseguenza, non si può accusare Silvio Berlusconi di averlo comprato. L'intera inchiesta napoletana sulla compravendita di voti che avrebbe permesso al Cavaliere di far crollare il governo Prodi viene attaccata da Coppi nei suoi presupposti giuridici fondamentali. E la conclusione, per il professore, non può che essere una: Berlusconi va assolto.

Ieri, al processo di Napoli al leader di Forza Italia, è il giorno delle difese. Mercoledì scorso ad occupare la ribalta era stata la Procura, con la requisitoria del pm Vincenzo Piscitelli, ed era stato un attacco a forti tinte: il pm aveva dipinto un Berlusconi «ossessionato» tra il 2006 e il 2008 dall'obiettivo di affossare il governo dell'Ulivo, e disposto a un «colossale investimento» per la «campagna di reclutamento tra le file della maggioranza». De Gregorio per il pm non fu il solo a venire conquistato dalle profferte di Berlusconi, «sono convinto che altri parlamentari abbiano ceduto, solo che non siamo stati capaci di accertarlo». E Piscitelli aveva concluso chiedendo di condannare Berlusconi a cinque anni per corruzione, e l'ex editore dell' Avanti Valter Lavitola (indicato come il «sicario» dell'operazione) a quattro anni e mezzo. «Questa vicenda resterà nei libri di storia e servirà da monito per il futuro», aveva rincarato l'altro pm, Alessandro Milita.

Ieri tocca a Franco Coppi e al suo collega Bruno La Rosa, che assistono Forza Italia: anche il partito è sul banco degli imputati, indicato dalla Procura come responsabile civile. La Rosa ha ricostruito i fatti al centro del processo, partendo da un dato oggettivo: non solo negli atti di indagine non c'è riscontro di un accordo corruttivo, ma la intera storia politica di De Gregorio è lì a dimostrare che non è mai stato un uomo di sinistra e neppure di centrosinistra, e l'approdo nello schieramento moderato è stato l'esito naturale del suo percorso. Poi tocca a Coppi, il legale protagonista nel luglio 2014 della clamorosa assoluzione di Berlusconi nel processo d'appello per il caso Ruby, che affronta le questioni giuridiche, a partire da quello che indica come il nodo cruciale: le scelte dei parlamentari sono insindacabili.

Sono in larga parte le stesse tesi che Berlusconi ha esposto in una missiva indirizzata alla Camera e depositata al tribunale napoletano nel corso della ultima udienza, in cui chiede che sulle attività al centro del processo venga sancita l'immunità parlamentare.

Lunedì prossimo, la parola toccherà ai due legali che assistono il Cavaliere, il suo difensore storico Niccolò Ghedini e il suo collega Michele Cerabona, che dovranno fare i conti con quelle che per la Procura sono le assi portanti del processo: la confessione di De Gregorio, che ha patteggiato la pena per corruzione, e una lettera di Lavitola a Berlusconi in cui il primo scrive di avere «comprato» De Gregorio. «La richiesta della Procura di Napoli confligge con la realtà e con tutte le risultanze processuali, in linea con la tradizione dei peggiori processi politici», aveva dichiarato Berlusconi il giorno della requisitoria.

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