Roma L'Italia giallo-verde finisce isolata anche sul copyright. Ieri il Consiglio dei ministri d'Europa ha recepito il voto dell'assemblea di Strasburgo che lo scorso 26 marzo ha messo mano a una radicale riforma del diritto d'autore digitale. L'Italia, però, ha votato contro. Ispirando l'ironia e l'indignazione delle opposizioni che quella riforma hanno fortemente caldeggiato. La nuova disciplina, che i governi hanno due anni di tempo per recepire nel proprio ordinamento nazionale, regolamenta l'utilizzazione di contenuti creativi e culturali sul web. Gli aggregatori di notizie, come GoogleNews, dovranno pagare gli editori per gli articoli pubblicati in rete. Con eccezione degli estratti molto brevi. Inoltre le piattaforme come Facebook e Youtube sono di fatto responsabili di quanto viene caricato dagli utenti. E in più dovranno accordasi con i detentori dei diritti per lasciare on line video e prodotti creativi coperti appunto dal diritto d'autore. La riforma ha comunque fatto eccezione per le enciclopedie libere come Wikipedia. Anche le piattaforme open source dedicate ai software sono esenti dal peso del diritto d'autore. In più vengono armonizzate le norme che consentono lo sfruttamento di film e di prodotti che hanno smesso di essere commercializzate. La vittoria degli editori, insomma, è una vittoria monca, visto che il testo della riforma rimane vago sulla questione di quanto debba essere breve l'estratto che può finire - gratuitamente - sugli aggregatori di notizie. L'odioso principio, però, che i colossi del web facevano proprio («quello che tu crei, una volta sulla mia piattaforma, è mio. E quello che ci guadagno sopra pure è mio»), viene largamente ridimensionato. Mentre viene riconosciuto un altro principio: che devono essere riconosciuti l'estro e la creatività, anche quando producono ricchezza sul web.
Questa piccola vittoria per la difesa del diritto d'autore viene ovviamente vista male dai grillini che fanno della massima libertà on line un principio quasi ideologico. Mentre Pd e Forza Italia plaudono al risultato perché da sempre a difesa del lavoro e della creatività. E soprattutto della produzione editoriale e giornalistica che non va confusa con la libera espressione degli internauti.
«È una vergogna che in sede europea il governo italiano abbia votato contro una riforma del copyright che mira
a difendere il lavoro di dodici milioni di persone in Europa - spiega Maurizio Gasparri (FI) -. Tanti sono infatti coloro che lavorano nel campo delle produzioni culturali, audiovisive, cinematografiche e giornalistiche».
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