Coronavirus

La corsa a rilento per mappare i positivi. E sull'urgenza del test è guerra tra scienziati

Ancora pochi esami. Lettera di 150 esperti: "Si faccia presto". Lopalco: "Propaganda"

La corsa a rilento per mappare i positivi. E sull'urgenza del test è guerra tra scienziati

«Tamponi di massa» indispensabili per evitare la catastrofe. No, è «solo propaganda». Purtroppo anche la Fase 2 sembra destinata ad essere segnata da polemiche ed opinioni divergenti di esperti e scienziati che dibattono in pubblico quella che ritengono essere la soluzione migliore. E così ieri abbiamo assistito all'ennesimo botta e risposta a distanza sulla questione tamponi, i test per rilevare la positività del paziente al Covid 19.

Da un lato il professor Andrea Crisanti direttore del Laboratorio di Padova che insieme con altri 150 esperti ha lanciato un appello al governo affinché esegua più tamponi possibile in modo da isolare subito i positivi. Dall'altro l' epidemiologo Pierluigi Lopalco, responsabile della task force per l'emergenza Covid in Puglia. «Quello dei tamponi è diventato un argomento di propaganda -sostiene Lo Palco- «Bisogna uscire dal paradosso che fare più tamponi sia sinonimo di sicurezza e prevenzione». Insomma vanno fatti ma non sono la soluzione come invece sembra pensare Crisanti che però con il suo modello ha portato il Veneto fuori dall'area critica con meno vittime e anche più velocemente rispetto alla Lombardia o al Piemonte. In Italia la Protezione civile ha distribuito 3 milioni e 600mila tamponi alle Regioni che per ora ne hanno utilizzati c 2 milioni 246mila. Ci sono quindi a disposizione ancora un milione e 350mila tamponi. A muoversi più velocemente il Veneto dietro la spinta del governatore Luca Zaia convinto da subito dallo stesso Crisanti che l'identificazione dei positivi fosse il primo passo verso il contenimento dell'epidemia, ne ha eseguiti quasi 400mila. In valore assoluto ne ha fatti di più la Lombardia, oltre 425mila ma in proporzione rispetto alla popolazione il Veneto ha testato quasi 500 cittadini ogni 10mila contro i 251 della Lombardia.

E per il professor Crisanti occorre continuare per questa strada come chiede nell'appello rivolto al governo con il sociologo Luca Ricolfi e l'ex senatore di An, il giurista Giuseppe Valditara. Undici i punti elencati nella lettera. Troppo pochi i tamponi eseguiti rispetto alla popolazione: se si avessero dubbi sulla loro utilità si fa notare che il numero di tamponi giornalieri per abitante è inversamente correlato a quello dei morti. Anche prestigiose riviste come The Lancet e l'Organizzazione mondiale della sanità «collegano una efficace strategia di contenimento del virus ad una campagna di tamponi di massa». Al punto quattro si cita lo studio dei professori Francesco Curcio e Paolo Gasparini che indicano come sia possibile eseguire un numero superiore di tamponi. Si sottolinea il costo contenuto, 15 euro, e si ricorda la disponibilità di molte aziende ed imprese a pagare una campagna di indagini molecolari per i propri dipendenti e a finanziare laboratori che eseguano tamponi. Se scoppiasse un focolaio nelle loro aziende le conseguenze economiche sarebbero molto più pesanti rispetto al costo del test per il personale. Ci sono macchinari di ultima generazione che arrivano a processare fino a 10mila tamponi al giorno. Si ribadisce al punto 8 che i tamponi di massa permetterebbero di contenere ed eliminare la trasmissione del virus mentre al punto 9 si fa notare che la consapevolezza di essere negativi per milioni di italiani significherebbe poter «riprendere una vita normale». E poi la questione della limitazione della libertà personale. Se è ammissibile obbligare un infetto a stare a casa perché mette a rischio la salute pubblica «vietare a persone sane di circolare liberamente è contrario ai principi costituzionali».

La conclusione degli esperti: senza una campagna di tamponi di massa «si avranno più morti e maggiori rischi di nuovi lockdown».

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