Chirurgo «colpevole» di fare interventi nel fine settimana, tagliando le liste di attesa e venendo incontro alle esigenze dei pazienti.
Il suo ospedale gli dà un premio? Macché, dopo un procedimento disciplinare lo sospende per due mesi. Poi, dinanzi al ricorso del medico e alla «rivolta» degli assistiti, sospende la sanzione in attesa del pronunciamento del giudice del lavoro. Ma ormai, mediaticamente, il caso è già esploso. Con tanto di titolo choc: primario «reo» di salvare vite, ma nel weekend non si può.
Il reparto di Ostetricia e ginecologia dell'ospedale Mandic di Merate (Lecco) è lo specchio, quantomai fedele, delle contraddizioni di una certa Italia: quella in cui, paradossalmente, coabitano sotto lo stesso tetto il meglio dell'etica del lavoro e il peggio dell'immoralità burocratico-sindacale.
Quello che è accaduto - sta accadendo - al primario Gregorio Del Boca, 61 anni, sarebbe infatti difficilmente spiegabile in un Paese normale; ma il nostro è un Paese che di «normale» ha poco, soprattutto se trasferiamo il discorso in ambito sanitario dove, tradizionalmente, realtà di eccellenze si alternano a situazione di degrado.
Non si tratta di un distinguo geografico tra Nord e Sud: è, piuttosto, una questione di mentalità. Può accadere infatti che nella medesima corsia operino medici i quali, rispetto alla loro professione, assumano comportamenti confliggenti. Come dire: il Giuramento di Ippocrate lo prestano tutti i camici bianchi, ma poi ognuno lo rispetta a modo suo. E così c'è chi, al pari del dottor Del Boca, cerca di ottimizzare l'uso delle sala operatoria anche nel fine settimana con l'obiettivo di ridurre i disagi dell'utenza, e c'è chi - come un suo anonimo collega ipersindacalizzato - lo denuncia alla direzione sindacale. Parte così l'indagine interna e il dossier passa al consiglio di disciplina che, valutata la «congruità» della segnalazione, giudica «irregolare» l'attività di Del Boca, tanto dal comminargli una grave sanzione: niente lavoro e stipendio per due mesi. Quando il primario riceve il provvedimento non crede ai suoi occhi e si rivolge al suo legale di fiducia, l'avvocato Lorenzo Bertacco. Il quale spiega al Giornale: «Dopo il nostro ricorso alla magistratura la sanzione è stata momentaneamente sospesa. Siamo fiduciosi nel ritenere che il giudice del lavoro riconosca l'assoluta regolarità del comportamento del dottor Del Boca il quale tiene a precisare di aver operato esclusivamente nell'interesse dei suoi pazienti». Da parte di questi ultimi sono state raccolte oltre 500 firme di solidarietà che, insieme al ricorso dell'avvocato di Del Boca, hanno portato i vertici dell'ospedale meratese a una provvidenziale retromarcia.
Ma dietro alla disavventura del primario di Ostetricia e ginecologia dell'ospedale Mandic potrebbe non esserci solo un patologico combinato disposto di gigantismo burocratico ed esasperato sindacalismo. C'è infatti chi ipotizza una ben più ampia e complessa «guerra» di leadeship tra l'ospedale di Merate e quello Manzoni di Lecco, il più grande della provincia.
Al centro della «disputa» tra i due nosocomi ci sarebbe proprio il reparto guidato al Mandic da Del Boca e che il Manzoni di Lecco mirerebbe a inglobare.
Sullo sfondo anche due differenti «scuole di pensiero» rispetto alle opportunità con cui far partorire le future mamme: una visione «naturista» a Lecco e un approccio più «medicalizzato» a Merate, quest'ultimo particolarmente criticato per l'alta percentuale di cesarei. Ma questa è un'altra storia.
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