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Così il mondo cattolico resta ai margini della politica

Nessuna spinta dal Vaticano. Roccella: "Dall'epoca di Ruini c'è un vuoto di rappresentanza"

Così il mondo cattolico resta ai margini della politica

I cattolici non esercitano più un ruolo sulle sorti della presidenza della Repubblica. Il cattolicesimo è parte integrante della civiltà europea ma, in Italia come in altri contesti continentali, si esprime spesso con una voce affievolita in relazione ai grandi spartiacque istituzionali. Non sono tempi questi, in sintesi, per comprendere che aria tiri in Vaticano sul successore di Sergio Mattarella e neppure per capire come la pensino gli opinion maker di quel lato di campo. Papa Francesco - questo è noto - ha scelto di non invadere l'altra sponda del Tevere: al limite Bergoglio tira bordate in materia bioetica, com' è accaduto, peraltro in via indiretta, in prossimità della discussione sul ddl Zan.

La Santa Sede disdegna il «chiacchiericcio» e tende in questa fase all'isolazionismo. Un esempio concreto: nonostante il Pontefice provenga dalla Compagnia di Gesù e nonostante Mario Draghi abbia studiato dai gesuiti, almeno per ora, non risultano particolari spinte del primo per favorire il trasloco al Quirinale del secondo. Si tratta di usanze e prassi diverse dal recente passato. Per gli attori laici e politici, invece, sembra lecito parlare di silenzio e d'ininfluenza. Gli stessi che per l'ex sottosegretario Eugenia Roccella dipendono da «un'irrilevanza più generale» che è «ormai sedimentata». «Non c'è ragione - osserva - perché le cose sul Quirinale siano diverse». Per l'esponente cattolica, permane un vuoto di rappresentanza che dura da «una stagione importante, ossia quella dell'ultimo governo Berlusconi e di Ruini alla Cei».

Il Vaticano avrebbe anche cambiato stile, consentendo alle associazioni di occupare praterie, ma i «cattolici adulti» o relativisti hanno preferito «la resa sostanziale ai nuovi diritti», mentre gli altri, quelli polarizzati o ideologizzati - annota l'ex sottosegretario - , hanno «sventolato bandiere senza ottenere nulla». Il protagonismo dell'inizio del nuovo millennio si è sgonfiato con facilità. La chiosa della Roccella è un ricordo: «Il caso Englaro, solo undici anni fa, ha prodotto uno scontro tra il presidente del Consiglio ed il presidente della Repubblica. Ora si spalancano le porte all'eutanasia senza una vera battaglia ed una vera discussione nel Paese».

È di un avviso simile Alfredo Mantovano, che ha a sua volta ricoperto l'incarico di sottosegretario in un esecutivo presieduto da Berlusconi: «Restano ai margini quella fedeltà ai principi, quella capacità di giudizio e quella determinazione nell'operare che costituiscono l'essenza della Dottrina sociale cristiana» dice al Giornale. Poi uno spillo: «Se i cattolici hanno perso rilievo su ciò che dovrebbe stare loro più a cuore, perché dovrebbero esprimere posizioni sul prossimo Capo dello Stato?». Per Mantovano, il problema sostanziale è che «i cattolici italiani, a differenza di quanto accaduto sino a qualche anno fa, mostrano divisione ed indecisione: sono percepiti come coloro che perseguono un'ipotetica posizione intermedia, persino sulla tutela della vita».

Il prossimo presidente della Repubblica, dunque, ma la concordanza tra quella visione del mondo ed il dibattito culturale che precedeva il giro di boia per il Colle pare scomparsa dai radar.

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