Il giorno dopo la votazione di Palazzo Madama è più facile raccogliere le idee. Più facile riprendersi dalla portata emotiva della situazione. Anche se si deve fare i conti con i commenti di cui erano pieni ieri mattina i giornali. Alcuni plaudivano al voto dei senatori che hanno confermato l'immunità per il loro collega Augusto Minzolini. Altri invece gridavano allo scandalo. Ed è per colpa di questi ultimi che non è tornato il buonumore sul viso di Federico Tedeschini, avvocato, professore di Diritto pubblico, presidente onorario del Tribunale Dreyus (associazione culturale che combatte la malagiustizia), nonché uno dei legali che hanno assistito l'ex invitato de La Stampa e ex direttore del Tg1, ora senatore di Forza Italia.
«Come fa a tornare il sorriso se ancora si leggono cose che, a voler essere gentili, si possono semplicemente definire inconsistenti?» si chiede Tedeschini. E l'allusione è per il ruolo che ha tenuto il Senato nel voto di giovedì. «Non è vero che il Parlamento deve semplicemente prendere atto delle decisioni prese dai giudici, come qualcuno suggerisce sui giornali - spiega - Il parlamento ha l'obbligo di verificare se la decisione di cui si chiede l'esecuzione sia o meno dovuta a intento persecutorio». Il riferimento è per il collegio che ha firmato la sentenza di condanna in Appello di Minzolini. Uno di loro è un ex parlamentare. Per ben due legislature alla Camera e una al Senato nelle file dei Popolari e della Margherita. Giannicola Sinisi ha anche ricoperto il ruolo di sottosegretario sia nel Gabinetto Prodi che in quello guidato da Massimo D'Alema.
Se non fosse arrivato il voto di Palazzo Madama a respingere la decadenza di Minzolini da senatore, avverte Tedeschini, ci sarebbe stato un ricorso alla Corte di europea dei diritti dell'uomo. «Perché è palese che in questo caso - conferma Tedeschini - a essere violato è l'articolo sei del Cedu (vale a dire della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo)». Articolo che in buona sostanza si sintetizza con il diritto ad avere un equo processo.
Proprio ieri, intanto, è stato licenziato, dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, il disegno di legge che prova a disciplinare la discesa in politica dei giudici. Il testo approderà quindi lunedì in Aula per la discussione generale. Modificato rispetto al testo approvato dal Senato ormai quasi tre anni fa - era marzo 2014 - l'articolato che introduce nuove norme sulla «candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali», prova a mettere ordine in una materia complessa, spesso al centro di polemiche per i «delicati» rapporti tra magistratura e politica.
La mancata decadenza di Minzolini, comunque, getta nuova luce sugli effetti della legge Severino. Sulla quale lo stesso Tedeschini è tutt'altro che tenero. «Da tecnico mi domando una cosa ben precisa - si chiede il presidente del Tribunale Dreyfus -: perché ci si ostina a credere che la legge Severino non abbia effetti penali? Questi mica si riducono alla detenzione o alle multe! Anche la decadenza da senatore di Berlusconi è un effetto penale.
Sia ciò che è successo a Berlusconi sia quanto accaduto a Minzolini fanno riferimento a eventuali fatti accaduti prima dell'entrata in vigore della Severino».In buona sostanza, suggerisce Tedeschini, la legge Severino contraddice palesemente un principio costituzionale importante: la irretroattività della legge penale.
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