Così la sinistra giudiziaria s'è presa pure la Cassazione

D'Ascola eletto grazie alle vecchie logiche di corrente Sfida al governo sulla separazione delle carriere

Così la sinistra giudiziaria s'è presa pure la Cassazione
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Un vertice del Consiglio superiore della magistratura pronto a scendere in campo nella madre di tutte le battaglie, il referendum contro la riforma costituzionale della giustizia. Da giovedì, alla testa del Csm c'è un comitato di presidenza che è saldamente nelle mani della sinistra giudiziaria, grazie alla nomina del nuovo presidente della Cassazione: Pasquale D'Ascola, fino ad ora presidente aggiunto, militante della corrente di sinistra, Area. Ai vertici della Cassazione e nel comitato di presidenza del Csm D'Ascola trova un magistrato politicamente a lui vicino, il procuratore generale della Cassazione Pietro Gaeta. Presidente e procuratore della Cassazione sono membri di diritto del comitato di presidenza del Csm. Insieme, D'Ascola e Gaeta potranno indirizzare le decisioni del comitato mettendo se del caso in minoranza il vicepresidente Fabio Pinelli, che si ritrova ad essere l'unico moderato presente nell'organismo.

L'occupazione si è realizzata al termine di una seduta assai tesa del plenum, chiamato a scegliere il successore in Cassazione di Margherita Cassano, arrivata alla pensione. Scelta tra due candidati, entrambi considerati di alto livello: D'Ascola (calabrese, 67 anni) e il suo coetaneo Stefano Mogini, anche lui giudice in Cassazione, senza militanze di corrente alle spalle ma considerato un "centrista". D'Ascola è passato per un solo voto di distacco, grazie al voto compatto della sinistra in Csm: a presentare la mozione in suo sostegno è stato il consigliere Ernesto Carbone, approdato al Consiglio su designazione di Matteo Renzi. Una mossa che conferma come Renzi sia pronto a battersi fino in fondo, e con dovizia di mezzi, contro la riforma della giustizia e la separazione delle carriere, di cui in passato è stato accanito sostenitore. Ma la vittoria di D'Ascola è stata resa possibile oltre che dall'endorsement renziano anche dalla ricomparsa a suo favore di una dinamica prematuramente data per defunta: la designazione dei capi degli uffici giudiziari in base alla appartenenza di corrente. Un membro del Csm che pure proviene dalle file della sinistra, Roberto Fontana, oggi consigliere indipendente, nel motivare la sua astensione ha ricordato che il testa a testa tra D'Ascola e Mogini è stato reso possibile solo dal rifiuto del Csm di adottare norme "rigorose e stringenti" nelle nomine, con il rischio del "perpetrarsi di derive connotate dalla prevalenza delle logiche di appartenenza e caratterizzate da quella che è stata definita modestia etica".

E proprio questo è accaduto. I due aspiranti si sono trovati - senza loro colpa - a essere oggetto di uno scontro tra schieramenti, come ai tempi che furono. Invano Claudia Eccher, consigliere in quota centrodestra, ha provato a sostenere che la "sicura prevalenza" di Mogini su D'Ascola "sulla base di una valutazione unitaria" del suo curriculum. I giochi ormai erano fatti. L'incoronazione di D'Ascola avviene anche grazie anche all'astensione di Pietro Gaeta, procuratore generale della Cassazione, che del "Sistema" ritratto nelle riunioni all'Hotel Champagne fu fustigatore, conducendo i procedimenti disciplinari contro i suoi protagonisti, e che ora si ritrova ad assistere alla riproposizione degli stessi meccanismi.

Di mezzo c'è un "serrate le file" in vista dello scontro col governo, ma è difficile non vederci un calo di tensione, la "modestia etica" di cui parla Fontana.

E che fa il paio con il fenomeno che proprio ieri, alla vigilia della pensione, la presidente uscente Cassano denuncia in un suo accorato intervento: la tendenza nella magistratura a "interpretare in maniera sempre più burocratica, impiegatizia il proprio ruolo", dove "le proprie aspettative individuali di vita come magistrato" prevalgono sulle "aspettative della collettività".

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