«Voi avete cominciato questa guerra, noi la finiremo». Firmato Qassem Soleimani, capo della Forza Quds, il corpo speciale delle spietate Guardie rivoluzionarie dell'Iran, incaricato di difendere l'ideologia khomeinista fuori dal Paese. Sono passate poche ore da quando il presidente Donald Trump ha annunciato via Twitter il ripristino delle sanzioni economiche sull'Iran e la replica di Teheran non si fa attendere. Stessa simbologia, toni altrettanto combattivi. Donald Trump usa Game of Thrones, la serie tv di Hbo, per avvisare che la svolta arriverà domani 5 novembre, vigilia delle elezioni di Midterm. Teheran replica, stesso stile e stesso social, con l'immagine di Soleimani in versione Re della Notte, e il messaggio inequivocabile: «Ti affronterò». Poi annuncia «uno schiaffo in faccia a Trump» e manifestazioni in tutto il Paese nell'anniversario della «crisi degli ostaggi», quando 52 membri dell'ambasciata statunitense a Teheran furono sequestrati per 444 giorni - sull'onda della rivoluzione del '79 - scatenando una crisi diplomatica con gli Usa.
È la pietra tombale alla politica del disgelo che nel 2015 portò il predecessore Barack Obama (con Cina Francia, Russia, Regno Unito, Germania e Unione europea) alla firma a Vienna dell'accordo sul nucleare iraniano. L'obiettivo era impedire all'Iran di costruire ordigni atomici, lasciando la possibilità di poter produrre energia nucleare per uso civile. Per questo, nel 2016, si arrivò alla rimozione delle sanzioni economiche. Ma a maggio Trump annuncia il ritiro dall'accordo. E venerdì precisa che le sanzioni saranno introdotte già da domani.
È solo l'ultima delle mosse del tycoon che ha lo scopo di ribaltare le politiche del primo presidente nero della storia statunitense. Lo aveva promesso nel 2016, in campagna elettorale: «Cancellerò qualsiasi ordine esecutivo incostituzionale, memorandum e regolamento emesso dal presidente Obama». Detto, fatto. Dall'approdo alla White House, Trump ha preso a picconate gran parte delle misure volute dal leader democratico. Fra le prime mosse, fresco di insediamento, il decreto per sfilarsi dal Tpp (Trans-Pacific Partnership), l'accordo commerciale fra 12 Paesi che Obama ha voluto per rimuovere le tariffe su import ed export. Trump lo definisce «un disastro», «uno stupro della nazione», salvo sostenere ad aprile di essere disposto a rientrare a condizioni migliori.
In nome del nazionalismo e contro l'ambientalismo di Obama, addio anche all'accordo sul clima di Parigi, il trattato firmato nel 2015, con cui gli Usa e gli altri 195 Paesi aderenti si impegnano a combattere il surriscaldamento globale e ridurre le emissioni di gas serra. «Trasferisce posti di lavoro nel settore del carbone dall'America ad altri Paesi, che ne traggano un vantaggio finanziario sugli Usa». Porta chiusa e addio.
Poi è la volta dell'immigrazione, tornata ora il grande cavallo di battaglia di Trump. L'anno scorso scatta la cancellazione del Daca, il programma che fino al 2017 ha consentito a chi arrivava negli Usa clandestinamente, ma da minorenne (sotto i 16 anni), di evitare l'espulsione e poter usufruire di un permesso di lavoro di due anni. Dal 2012, quando è stato introdotto da Obama, ne hanno usufruito 800mila giovani immigrati.
E ancora la battaglia sui trans nell'esercito. Revocata la norma favorevole all'uso dei bagni corrispondenti all'identità di genere prescelta, nelle scuole, e stop anche ai transgender nelle Forze Armate. Non solo. Retromarcia pure sull'obbligo delle aziende con oltre cento dipendenti di pubblicare statistiche suddivise per genere e razza, in modo da combattere il gap negli stipendi uomo-donna e il razzismo.
Infine l'Obamacare, la principale eredità di Barack, il programma che ha permesso di estendere l'assistenza sanitaria a 32 milioni di cittadini, che impone alle aziende con oltre 50 dipendenti di
contribuire alle spese e vieta di negare l'assicurazione per determinate patologie. Trump ha provato a cancellarla. Nel frattempo ha abolito l'obbligo individuale di stipulare un'assicurazione, pena il pagamento di una multa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.