Cosa cambia per noi (e per Conte)

Davvero qualcuno pensa sul serio che sia indifferente avere una presidenza Biden, che potremmo già chiamare Biden/Harris, vista l'enfasi sul vicepresidente, mai cosi accentuata?

Cosa cambia per noi (e per Conte)

Davvero qualcuno pensa sul serio che sia indifferente avere una presidenza Biden, che potremmo già chiamare Biden/Harris, vista l'enfasi sul vicepresidente, mai cosi accentuata? Indifferente per cosa? Per la politica interna italiana, ovvio. Chi ci credesse dovrebbe studiare la storia degli ultimi 70 anni: dalla fine della seconda guerra mondiale la politica italiana è sempre stata determinata dalle scelte di quella statunitense, e da chi si trovava in quel momento alla Casa Bianca. La guerra fredda è finita, obietterà qualcuno. Ma in realtà è proprio dalla fine della guerra fredda che questa determinazione statunitense si è fatta persino più evidente.

Ogni volta che vi era una presidenza dem, Clinton prima e Obama poi, il centrosinistra è stato sempre favorito da Washington. Al contrario, gli anni d'oro di Berlusconi sono stati caratterizzati da un rapporto molto solido con le amministrazioni repubblicane. Tanto è vero che l'ultimo governo Berlusconi non fu certo favorito da Obama, per usare un eufemismo. Se alla Casa Bianca ci fosse stato un repubblicano, probabilmente il 2011 non si sarebbe concluso così. Semmai il primo a disinteressarsi della politica italiana, o almeno delle sue divisioni politiche, è stato proprio Trump, che non ha avuto remore ad appoggiare un Conte a capo di un governo di sinistra. Ora se qualcuno pensa che Biden e soprattutto Harris terranno lo stesso comportamento, si illude. I dem per vocazione sono molto più interventisti. O credete che Renzi, Gentiloni, Zingaretti, giù fino all'ultimo assessore dem, si sono subito messi le gonne e i pon pon da cheerleader di Biden e di Harris solo per sport? Chiamavano l'amico americano, ben sapendo che il loro grido di dolore (in questo caso, di gioia) sarà accolto sulle rive del Potomac. Né vale la tesi che ormai gli Usa non sono più interessati a ciò che avviene in Europa. Certo, non è, come ai tempi della guerra fredda, uno dei campi di battaglia chiave. Ma resta un continente su cui continuare ad esercitare l'egemonia, come del resto si è visto negli anni di Obama, attento a saldare il rapporto con la vera padrona della Ue, Merkel, e anche ben guardingo di cosa avveniva tra noi. Perché l'Italia, con tutto il rispetto, non è il Belgio o il Lussemburgo: geopoliticamente siamo una nazione chiave. Non a caso abbiamo puntati addosso gli occhi pure della Cina. Che significa tutto questo? Sul breve periodo che Conte non dovrebbe dormire sonni tranquilli, per la sua relazione con Trump, cominciata ben prima del famoso tweet e continuata con quello in cui si è complimentato con Biden. La sorte del premier ci interessa però meno di quella del centrodestra.

Che, nella sua configurazione attuale, se ha goduto di un appoggio moderato da Trump, dovrà aspettarsi molta freddezza da parte della nuova amministrazione. Come risolvere questa situazione è presto per dirlo e forse compete ai politici. Ma che almeno non si faccia finta di avere un amico alla Casa Bianca, perché non è così.

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