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Affari correnti, il voto, le due date: cosa può succedere adesso

Il premier lascia Palazzo Chigi dopo aver incassato la fiducia al Senato, ma non va al Colle. Ecco cosa potrebbe succedere con le dimissioni di Draghi

Affari correnti, il voto, le due date: cosa può succedere adesso

Il Senato approva la risoluzione presentata dal senatore Pier Ferdinando Casini, con 95 voti favorevoli e 38 contrari. Ma la mancata partecipazione al voto di fiducia di Movimento 5 Stelle (presenti non votanti), Lega e Forza Italia pone un problema politico non indifferente. Il premier ha lasciato Palazzo Chigi dopo il voto, ma non salirà al Colle stasera. Bisognerà attendere domani, quindi, per conoscere le prossime mosse. Draghi andrà alla Camera alle nove e poi passerà la palla nelle mani del presidente Sergio Mattarella, rassegnando le dimissioni.

Gli scenari che si profilano all’orizzonte sono diversi. L’ipotesi più probabile è che il capo dello Stato, dopo un periodo di riflessione, proceda subito con lo scioglimento delle Camere, una volta incontrati i presidenti di Camera e Senato. A quel punto si aprirebbe la possibilità di un voto in autunno, con la data del 2 ottobre che viene indicata come probabile, visto che devono trascorrere tra i 60 e i 70 giorni dal momento in cui le Camere vengono sciolte. Il 25 settembre, la domenica precedente, coincide con una festa religiosa ebraica, e quindi per evitare che i due eventi si sovrappongano si potrebbe prendere in considerazione il finesettimana successivo, o al massimo quello del 9.

Mattarella potrebbe evitare le consultazioni con Fico e Casellati e con i leader di partito. I precedenti vengono ricordati dal Corriere della Sera. Uno su tutti quello di Oscar Luigi Scalfaro che fece terminare la legislatura nel gennaio del 1994, dopo che il governo tecnico di Ciampi entrò in crisi su iniziativa della sinistra. Le elezioni del marzo successivo le vinse Silvio Berlusconi. Non è d’accordo il costituzionalista Sabino Cassese, che sempre sul Corriere spiega come con il voto di fiducia incassato dal governo le consultazioni con la seconda e la terza carica dello Stato sarebbero obbligate.

Tra le ipotesi c’è anche quella che il premier possa rimanere in carica per il disbrigo degli "affari correnti" su richiesta del presidente Mattarella. Il capo dello Stato potrebbe avanzare la proposta dopo aver ricevuto le dimissioni di Draghi. Lo scenario meno probabile, infine, è che il capo dello Stato possa trovare la convergenza dei partiti su un governo tecnico di scopo per traghettare il Paese alle urne il prima possibile. I tempi tecnici, per la campagna elettorale, la presentazione delle liste e poi per la formazione del nuovo governo, consentirebbero all'esecutivo di insediarsi in autunno, tra la fine di ottobre e i primi di novembre. Nel 2018, ad esempio, il governo Conte I si insediò dopo tre mesi dal voto del 4 marzo.

Andò meglio a Enrico Letta, nel 2013, che giurò dopo due mesi.

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